Coronavirus, i nodi della trattativa salva-tutti

Grazie alla moral suasion di Sergio Mattarella il Governo e l’opposizione sono tornati a parlarsi e a confrontarsi sulle misure da prendere per fronteggiare l’ emergenza. Da una riunione di oltre tre ore Salvini, Meloni e Tajani hanno ottenuto un maggior coinvolgimento loro e del Parlamento nel suo insieme, e Conte ha potuto dimostrare di non voler essere “l’uomo solo al comando” che guida l’Italia a colpi di decreti amministrativi. Ci saranno dunque passaggi parlamentari e tavoli tecnici di confronto. Naturalmente restano tutte le distanze e le diversità di giudizio sul da farsi. Ma non c’è solo la questione delle chiusure delle attività produttive o degli aiuti da dare anche ai lavoratori autonomi e alle partite Iva. La questione spinosa è anche come condurre la trattativa in Europa sugli aiuti che l’Unione è in grado di mettere in campo contro l’epidemia e le sue prevedibili e pesanti conseguenze economiche.

Il presidente del Consiglio ha auspicato un intervento del MES (Il Meccanismo Europeo di Stabilità, il vecchio Fondo Salva-Stati) perché emetta dei titoli comuni – i “Corona-bond” sono stati ribattezzati – che consentano ai partner di disporre delle enormi risorse necessarie per sostenere i sistemi produttivi prostrati dal prolungarsi dell’inattività e dal progressivo congelamento degli scambi. Conte ha chiesto che questo aiuto del MES venga deciso senza le previste “condizionalità” che a suo tempo strozzarono la Grecia a furia di “garanzie” e di tagli alla spesa pubblica (tra l’altro, le condizioni previste dal Meccanismo imporrebbero una minore spesa sanitaria che, con quel che sta accadendo, sarebbe semplicemente grottesco). Tuttavia la richiesta di palazzo Chigi, sostenuta dalla Spagna, dal Portogallo e in parte dalla Francia, si scontra con il consueto muro del “partito del Nord” ostile a considerare “comune” un debito che è nazionale: i tedeschi sono sì disposti a sospendere il Patto di Stabilità perché anche loro adesso hanno bisogno di sforare il tetto del 3% del rapporto tra deficit e PIL se vogliono aiutare le loro aziende. Ma non vogliono fare di più: comunque mai gli eurobond. I paesi satelliti dei tedeschi, a cominciare dall’Olanda, fanno zelantemente blocco con Berlino.

In ogni caso la stessa richiesta di Conte è accolta con diffidenza anche in Italia. Il M5S non vuol sentir parlare di ricorso al Mes (Di Maio chiede anche che il governo ponga il veto nella riforma peggiorativa del Meccanismo, per il momento solo rinviata) ed è pronto a farne un caso politico. Ma è soprattutto l’opposizione di centrodestra ad andare sulle barricate: Salvini e Meloni chiedono anzi che il Mes restituisca quanto l’Italia ha versato per costituire il suo fondo di dotazione, attualmente poco meno di 500 miliardi. “Ridateci i nostri soldi” dicono alzando la voce, e siccome l’argomento può avere una notevole presa sull’opinione pubblica, la maggioranza non vorrà certo regalarlo ai suoi avversari. E’ per questo che il ministro dell’Economia Gualtieri, in occasione della riunione dell’Eurogruppo, ha detto che l’intervento del MES “potrebbe sì essere d’aiuto” ma anche che resta centrale il ruolo della BCE, con gli acquisti di titoli nazionali più ampi di quelli, imponenti, già avviati anche dalla gestione di Christine Lagarde la quale, sia pure in ritardo, ha deciso di confermare la linea del suo predecessore Mario Draghi. Anche lei ora dice che, per salvare la casa comune dallo tsunami del Coronavirus, a Francoforte faranno “whatever it takes”.