Come l'Europa ci sta imponendo il gender

Una nuova lingua, e precisamente quella del ”politicamente corretto”, sostituirà, nei palazzi europei, il classico modo di parlare del genere maschile “man” (uomo). Lo farà in maniera subdola all'interno del nostro linguaggio comune. Parole come “minekind e manpover”, ad esempio, saranno sostituite con termini con i generici “humanity” “staff”. Da tempo assistiamo all'avanzata di quel “relativismo culturale” a più riprese denunciato da Benedetto XVI e al tentativo, da parte del Parlamento Ue, di rendere fluido e generico il linguaggio corrente, facendo  apparire quale “fattore discriminante” l’utilizzo della parola “uomo”. Funzionari e deputati di Strasburgo hanno ricevuto un opuscolo che rappresenta una vera e propria guida all'utilizzo e al cambio della terminologia legata al genere maschile sostituendola con termini generici e scoraggiando il più possibile l'identità “precisa” del genere.

Così facendo, però, si arriva a “disintegrare” la società, creando un mondo senza certezze, comprese quelle più ovvie. E si diventa ostaggio di quei poteri forti che mirano a eliminare la base della nostra identità e cultura: la famiglia naturale fondata dall'unione di un uomo e una donna. A livello europeo, specie in vista del prossimo appuntamento elettorale per votare il nuovo Europarlamento, è necessario dare una svolta improntata su obiettivi di crescita, di assistenza sociale e di benessere del popolo ripartendo da quel “prisma” che San Giovanni Paolo II identificava con la famiglia, cellula fondamentale per risollevare la nostra società e “attraverso cui considerare tutti i problemi sociali”. In fondo non dobbiamo avere paura dei neologismi di questa nuova lingua “inclusiva europea”. Il punto è che ci troviamo davanti a giochi di palazzo che vogliono cambiare atteggiamenti e comportamenti e soprattutto vogliono ”cancellare” l'uomo e, dunque, la politica deve ripristinare il suo ruolo sociale mettendosi al servizio di ogni realtà territoriale nazionale attraverso la più alta forma della carità che ne rappresenta l'essenza.