Come il “cigno nero” da covid può diventare candido

Italia -12,4%, Francia – 13,8%, Germania -10,1%, Spagna -18,5%; cosa sono queste percentuali? Sono i tassi di crescita del PIL nel secondo trimestre di quest’anno dei principali Stati europei secondo Eurostat a cui vanno aggiunti il – 21,7% del Regno Unito e il – 32,9 degli USA con il dato in controtendenza della Cina con un +3,2% per dare un primo affresco dell’economia mondiale ai tempi del COVID19.

L’epidemia e i mezzi di contrasto messi in atto dai vari stati hanno colpito duramente le principali economie mondiali, ad eccezione della Cina sui cui dati, però, varrebbe la pena fare un serio ragionamento in altra sede.

I vari lockdown nazionali, le misure di distanziamento e di riduzione dei contatti sociali preventive unite al crollo delle aspettative e dei consumi hanno causato una fortissima contrazione nelle economie più sviluppate in maniera ben più pesante rispetto alle crisi passate, in USA addirittura in maniera assai più grave rispetto alla crisi del 1929.

In statistica e nel gergo finanziario un evento simile prende il nome di “cigno nero” che, nelle parole di Nassim Nicholas Taleb, può essere definito come “un evento isolato e inaspettato, che ha un impatto enorme, e che solo a posteriori può essere spiegato e reso prevedibile” cioè un evento con una bassissima probabilità di verificarsi ma che possiede un altissimo potenziale di danno.

Nel suo libro “Il cigno nero. Come l’improbabile governa la nostra vita.” l’autore scrive: “Un singolo evento è sufficiente a invalidare un convincimento frutto di un’esperienza millenaria. Ci ripetono che il futuro è prevedibile e i rischi controllabili, ma la storia non striscia, salta. I cigni neri sono eventi rari, di grandissimo impatto e prevedibili solo a posteriori, come l’invenzione della ruota, l’11 settembre, il crollo di Wall Street e il successo di Google. Sono all’origine di quasi ogni cosa, e spesso sono causati ed esasperati proprio dal loro essere imprevisti”.

Il contagio pandemico da parte del coronavirus Sars-Cov-2 può benissimo essere, sicuramente, ascritto a questa fattispecie di eventi e il suo effetto sulle economie è stato devastante anche se i veri effetti si vedranno solo nel prossimo futuro, quando incentivi, bonus e mezzi di sostegno al reddito verranno meno.

I risultati relativi alla decrescita, anche se crollo è il termine più corretto, del prodotto interno lordo sono impressionanti, mostrando, infatti, come la combinazione di paura e provvedimenti legislativi atti al contenimento della malattia abbiano potuto incidere su sistemi economici considerati saldi e resistenti, questo nonostante gli indici finanziari siano tutti in recupero dopo il crollo di marzo, all’inizio della diffusione del morbo, cosa che indica, almeno, che le aspettative di recupero da parte degli operatori stiano migliorando.

Il punto focale e che interessa la maggior parte della popolazione, però, è sulle aspettative a medio breve periodo. In soldoni “cosa mi capiterà domani?”. La violenta caduta dei tassi di crescita, finiti fortemente in negativo, avrà, senza bisogno di ricorrere ad oracoli e indovini, una sicura ripercussione sui tassi di occupazione e sui redditi di milioni di persone. In questo frangente entra l’intervento pubblico che, in USA, è stato portato avanti dall’amministrazione Trump e in Europa con le politiche di flessibilità nei bilanci statali che sono sfociate nell’accordo sul Recovery Fund.

Questo perché il cigno nero rappresentato dalla pandemia in atto avrà, come già accennato, dei fortissimi contraccolpi a livello sociale ed economico e l’unica via per evitare una profondissima crisi a breve termine, che potrebbe anche mettere a serio rischio la tenuta sociale degli stati, è un ricorso alla finanza pubblica che possa dare sostegno a famiglie e imprese per superare il periodo di crisi.

L’intervento pubblico, però, stante i criteri di bilancio per cassa utilizzati dalla maggioranza degli stati, non può che essere a debito e paesi come l’Italia, caratterizzati da un elevato livello di debito pubblico pregresso, avrebbero delle serie difficoltà nella gestione delle azioni necessarie da prendere.

Una volta sciolto questo nodo, o attraverso politiche espansive come solo gli USA possono attuare o con la creazione del Recovery Fund in Europa arriva il vero dilemma: come si possono usare i fondi a disposizione, cioè. La prima tentazione, anche piuttosto “remunerativa” dal lato dell’immagine e del ritorno elettorale a breve, è quella assistenzialistica, basata su bonus e trasferimenti diretti a famiglie e imprese ma che, se pur possano (forse) sostenere temporaneamente la domanda aggregata non rappresentano alcun provvedimento strutturale volto alla crescita e al futuro rientro dalle esposizioni debitorie che si siano dovute aprire per fronteggiare la crisi.

In quest’ultima casistica entrano le riforme e gli investimenti. Le concessioni di estrema flessibilità sui conti pubblici possono essere prodromiche al sostenimento dei costi necessari a riforme strutturali come quelle della burocrazia e del fisco in Italia e, anche, degli investimenti infrastrutturali che, oltre a creare un ecosistema atto alla crescita rendendo più competitiva l’intera economia nazionale, permettono di creare indotto e rappresentano il vero volano anche per gli investimenti privati e, di conseguenza, la crescita occupazionale e il sostegno della domanda interna.

Il punto è sempre lì, occorre uscire dalle logiche di breve periodo e iniziare a pensare al dopo, investendo sul futuro invece di rincorrere delle toppe emergenziali che possono avere un’utilità assistenzialistica immediata ma che già nel medio periodo risulterebbero ininfluenti se non per l’aumento del debito pubblico che, in sé, non sarebbe un problema se fosse accompagnato dalla crescita del sistema perché l’unico dato di stabilità della finanza nazionale è il rapporto debito/PIL, seppur con tutte le limitazioni e le critiche che si possano elevare sulla costruzione di questi parametri, e senza crescita anche la riduzione del debito in termini assoluti potrebbe creare delle criticità di tenuta dei conti.

Ecco, il cigno nero potrebbe schiarirsi, fino anche a divenire candido, se si utilizzassero le risorse emergenziali messe a disposizione per fronteggiare questa crisi per rinsaldare le fondamenta al futuro, serve solo la volontà politica che va oltre gli slogan e il mero orizzonte elettorale.