Boris, ammiraglio dell'Europa senza timone

Altro colpo di scena nel Regno Unito. La Corte Suprema, boccia l’intimazione del primo ministro Boris Johnson di chiusura del parlamento fino al 14 ottobre, perché a suo dire avrebbe intralciato la esigenza di procedere celermente alla definitiva uscita dall'Unione Europea. In questa vicenda va ricordato che il pittoresco primo ministro inglese aveva coinvolto anche la regina Elisabetta II, appigliandosi ad un altro caso remoto nel tempo, di chiusura per un tempo limitato della Camera dei Comuni e dei Lords.

Questa esperienza dimostra comunque che le forzature non giovano mai e che in una democrazia veramente viva, quando il potere esecutivo si contrappone quello legislativo, quello esecutivo soccombe. Ma questa storia della Brexit, altra palese forzatura fatta con poco più della metà dei voti referendari, insegna che nell’attuale mondo, fatto forti intrecci e interrelazioni (in questo caso di adesione con grandi vincoli alla UE), il populismo bislacco come quello impiegato nel dibattito inglese, è davvero carico di conseguenze gravi.

Penso che questo caso così contraddittorio, debba spingere i paesi aderenti all'UE a riflettere sulle conseguenze dell’evidente stallo del processo di costruzione dell’Europa Federale come vero Stato, e finalmente mollare gli ormeggi per l’obbiettivo storico che ricollochi l’Europa come protagonista mondiale a pieno titolo, e gli europei, ricostruire la condizione di benessere spirituale ed economico per i prossimi secoli. Per quel che riguarda Boris e i tanti altri politici che nel mondo commettono forzature, c’è un insegnamento dall’adagio popolare molto conosciuto: “Chi la fa, l’aspetti”.