Battaglia navale, ma non è un gioco

Per adesso sembra un grande gioco di strategia, ma non lo è. E’ qualcosa di molto più pericoloso, è una prova di forza, un dispiegare i muscoli, mandare adrenalina nei corpi armati. Basta una scintilla per far esplodere tutto, e per adesso l’Europa – distratta dalle elezioni francesi – sembra non aver capito bene la portata del rischio. O forse non può nulla contro la spiegamento di forze che da Ovest ad Est si sta iniziando a movimentare.

Si dirà: ma non c’è elemento di novità rispetto al passato, certe operazioni, manovre, incontri, intercettazioni ci sono sempre state. Sbagliato: l’elemento di novità si chiama Donald Trump, e lo scenario mondiale attualmente, dalla Siria alla Corea del Nord, con le pressioni di Iran e Arabia Saudita in mezzo, è tutt’altro che tranquillo. Senza dimenticare l’Afghanistan e la mai risolta questione tra Israele e Palestina.

Lo scacchiere è l’intero globo, le pedine sono navi e aerei. Due bombardieri russi sono stati intercettati nei cieli internazionali al largo delle coste dell’Alaska da due caccia F22 statunitensi. Il gruppo navale americano guidato dalla portaerei Uss Carl Vinson ha avviato la rotta di avvicinamento alla penisola coreana dopo aver ultimato le manovre congiunte al largo delle acque australiane del nordovest. La “armada” si sta dirigendo verso la parte sudcoreana del mar del Giappone, dove dovrebbe arrivare tra il 25 e il 28 aprile.

Il governo siriano sta riposizionando la gran parte dei suoi aerei da combattimento in prossimità di una base russa, nell’aeroporto internazionale Assad, adiacente alla Khmeimim Air Base dove si trovano i caccia di Putin che operano appunto in Siria. Lo spostamento sarebbe cominciato all’indomani dell’attacco dei missili Usa del 6 aprile scorso, ordinato dal presidente Donald Trump come rappresaglia all’attacco chimico al villaggio di Sheikhoun.

Intanto i rappresentanti militari di Russia, Turchia e Iran si sono incontrati a Teheran per proseguire il processo di spartizione della Siria. Impossibile non notare come ogni atto, ogni scelta, ogni spostamento sia legato ad eventi di provocazione bellica, uno collegato all’altro. E il fatto che a parlare siano le diplomazie militari, la dice lunga sul rischio esistente di un conflitto di vaste proporzioni.

Non a caso Papa Francesco ha lanciato appena una settimana fa un nuovo appello per la pace nel mondo: “Mi viene solo da chiedere con più forza la pace per questo mondo sottomesso ai trafficanti di armi che guadagnano con il sangue degli uomini e delle donne”, ha dichiarato il Pontefice a Pasqua in un’intervista a Repubblica, ribadendo come il mondo sia “alle prese con una terribile guerra mondiale a pezzi”. Pezzi che, purtroppo, si stanno collegando l’uno con l’altro.