L’attualità dell’ideale di difesa della Patria

Il 10 marzo ricorre l’anniversario dei 150 anni della morte di Giuseppe Mazzini. Il nostro tempo ha bisogno di tornare a riflettere sui doveri dell’uomo, tema assai caro al grande patriota italiano che nel suo celebre saggio scrive: “Un popolo (…) sorge con una bandiera di Patria e d’indipendenza, combatte, vince o muore per quella”. I giorni che stiamo vivendo con un conflitto armato nel centro dell’Europa ripropone con grande forza l’idea di Patria. La strenua resistenza del popolo ucraino (che nel 1991 ha votato a larghissima maggioranza per l’indipendenza) contro l’aggressione unilaterale e indiscriminata da parte dell’esercito russo dimostra quanto sia attuale l’ideale di difesa della Patria.

Il dovere della Patria che la Costituzione italiana, non a caso, definisce “sacro” è fortemente intriso di valori etici che creano nei confronti del cittadino un sentimento di indivisibile appartenenza verso la Patria. In situazioni di massimo pericolo per l’integrità politica, al cittadino è richiesta la massima dedizione per salvare il proprio Paese da attacchi esterni.

L’aggettivo “sacro” mira ad attribuire all’adempimento del dovere di difesa un valore etico tanto forte da esigere persino il rischio per la vita e l’incolumità fisica. Si tratta del dovere più alto previsto nelle Costituzioni perché legato alla Nazione e alla sua stessa sopravvivenza.

Il termine Patria si presenta come un concetto complesso in cui vi è una componente ideale rappresentata dai valori basilari che trovano ospitalità nella parte dei principi fondamentali della Costituzione e una componente sostanziale che è il territorio, sede di sviluppo dei diritti e dei doveri e di esercizio della sovranità nazionale.

Questa idea di Patria si ritrova proprio nell’opera di Mazzini: “La Patria è una comunione di liberi e di eguali affratellati in concordia di lavori verso un unico fine. La Patria non è un aggregato è un’associazione. Non v’è dunque veramente Patria senza un diritto uniforme. E aggiunge “non vi sviate dunque dietro speranze di progresso materiale che, nelle vostre condizioni dell’oggi, sono illusioni. La Patria sola, la vasta e ricca Patria italiana che si estende dalle Alpi all’ultima terra di Sicilia, può compiere queste speranze Voi non potete ottenere ciò che è vostro diritto se non obbedendo ciò che vi comanda il Dovere. Meritate ed avrete”.

Similmente, il concetto quale inseparabile vicinanza tra cittadini e il proprio Paese si ritrova nelle parole di Calamandrei che parla di “Patria come senso di cordialità e di comprensione umana esistente tra i nati nello stesso Paese, che si intendono con uno sguardo, con un sorriso, con un’allusione: la patria questo senso di vicinanza e intimità (…) tra persone che non si conoscono (…) e pur si riconoscono per qualcosa di comune e di solidale che è più dentro”.

La stessa Corte costituzionale si è espressa affermando che il dovere di difesa della Patria è “una necessità fondamentale e suprema all’esistenza e difesa dello Stato” ed è condizione prima della conservazione della comunità nazionale.

Ciò include anche la doverosità di una guerra di legittima difesa per la protezione del territorio e della sua integrità minacciati da un nemico esterno. L’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite riconosce il diritto naturale alla legittima difesa, quale diritto di uno Stato di opporre una reazione armata a tutela della propria integrità territoriale. Ciò implica che si esclude la guerra di aggressione, ma nello stesso tempo è doveroso supportare chi viene aggredito. Altrimenti si rischia di finire in una posizione di indifferente isolazionismo di ripudio della guerra per noi stessi ma di accettazione di brutali aggressioni sferrate contro altri popoli.

Dinanzi alla storia che, purtroppo, si ripete all’infinito, assistiamo ad una mobilitazione dell’Italia e l’Unione europea, nel segno della solidarietà e della cooperazione, per aiutare l’Ucraina a respingere l’invasione russa. Proprio nel segno dell’art. 11 della Costituzione italiana e dei documenti internazionali che impongono di sostenere la resistenza di uno Stato aggredito ingiustamente attraverso le azioni diplomatiche. Ma anche con l’adozione di sanzioni finanziarie nei confronti dei paesi aggressori e attraverso l’invio di armi per far cessare il conflitto. Misura decisa dal Governo italiano con il decreto-legge del 25 febbraio sulla base di una legge del 1990 (la n.185) sull’esportazione di armamenti nel caso di guerra difensiva. Sebbene sia da escludere un intervento militare diretto che porterebbe con sé l’incubo di un allargamento del conflitto su scala mondiale.