Intervento

Di quali armi dispone la sanità pubblica per arginare una pandemia

Il contrasto sanitario ai virus è un’impresa in perenne evoluzione. In prospettiva l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) potrebbe considerare la possibilità di un aggiornamento del “certificato internazionale di vaccinazione”, nato per tre malattie infettive di grande importanza a livello di sanità pubblica: vaiolo, colera e febbre gialla. Il certificato è tuttora in vigore sia pur limitato alla sola febbre gialla (per il viaggiatore con meno di 70 anni), essendo il vaiolo ufficialmente eradicato e il vaccino anti-colera riconosciuto di limitata efficacia. Comunque, un tale certificato, esteso a Covid, verrebbe richiesto ai viaggiatori internazionali al fine di limitare in particolare la diffusione di nuove “varianti” che possano pregiudicare l’efficacia dei vaccini.
Se richiesto per i viaggiatori internazionali, non porrebbe problemi per quanto riguarda la privacy dato che restrizioni di vario tipo ai viaggi sono comunemente adottate e accettate. Eventualmente tale misura potrebbe essere “rafforzata” in casi speciali da misure di quarantena e/o da un controllo di negatività del tampone molecolare o antigenico in partenza (viaggi Covid-free) e/o al ritorno (per prevenire la reintroduzione di SARS-CoV-2 o di sue varianti preoccupanti − VOCs). E’ utile valutare gli strumenti messi in campo per contrastare la pandemia. E analizzarne l’efficacia. In piena emergenza di “varianti” VOCs più trasmissibili, il principale problema da esorcizzare è stata l’intensa circolazione del virus e il rischio connesso di emergenza di nuove varianti.
Se i vaccini rappresentano la principale arma per limitare la diffusione, il green pass ne ha rappresentato la chiave di accesso. Dall’ultima settimana di giugno 2021 in Italia era entrato in vigore un “certificato di immunizzazione” (green pass) suscettibile di diversi utilizzi. Il certificato è inteso prioritariamente ad attestare lo stato di immunità del titolare e consentirne la mobilità fra Regioni o addirittura in specifiche zone (“rosse”) all’interno di Regioni. In linea di principio consente anche i viaggi fra diversi paesi dell’Unione Europea, tuttavia per questo è necessario assicurarsi della congruità con le disposizioni vigenti nei Paesi di destinazione, dove è in vigore un non perfettamente analogo green pass. La validità di un tale “certificato di immunizzazione” è stata progressivamente estesa anche a diversi ambiti: per esempio, per avere accesso a cinema, teatri, manifestazioni sportive o ristoranti. Avrebbe cioè anche un significato “premiale”. È auspicabile il fatto che questa “premialità” possa essere spesa per contrastare il fenomeno della diffusione dei no vax o comunque degli “esitanti” al vaccino, fenomeno di non trascurabile entità anche nel nostro Paese che rischia seriamente di compromettere il raggiungimento di una diffusa immunità di comunità.
In Italia inizialmente il green pass veniva rilasciato al soddisfacimento di tre condizioni. Certificato di vaccinazione anti Covid, valido per 9 mesi, a quanti hanno effettuato la seconda dose o comunque il ciclo completo di vaccinazione con uno dei vaccini autorizzati da EMA. Guarigione da Covid o risoluzione di infezione da SARS-CoV-2, valido per sei mesi. Negatività di tampone molecolare o antigenico eseguito nelle 48 ore precedenti La prima e la seconda condizione sono sufficientemente suffragate da dati scientifici. Disponendo di dati ulteriori si riteneva che i termini di validità.
Successivamente si sono verificati alcuni eventi che hanno rimesso in discussione queste condizioni. E cioè l’introduzione della terza dose di richiamo (booster) necessaria per il completamento del ciclo vaccinale. E il riconoscimento della minore attendibilità di tamponi antigenici, gravati fino a un 30% di “falsi negativi”. Inoltre l’obbligo vaccinale stabilito per tutti i soggetti di età superiore a 50 anni. In sostanza si è creato un “super” green pass che viene rilasciato solo in presenza di una vaccinazione completa di richiamo, valido per l’accesso praticamente a tutti gli ambienti, mentre viene riservato al green pass “semplice”, che prevede ancora il tampone, solo l’accesso a mercati alimentari, farmacie e ai luoghi di lavoro. Diverso ancora è il criterio di validità per l’accesso ad attività lavorative specifiche: per esempio, un green pass può essere richiesto con varie modalità di obbligo per chiunque svolga attività di operatore sanitario (negli ospedali ma anche nelle RSA ecc., in effetti, l’obbligo è stabilito per legge) o di operatore scolastico.
È oggetto di discussione l’obbligo di green pass in generale per chi voglia accedere a professioni che comportino stretti rapporti con il pubblico (impiegati della pubblica amministrazione, albergatori, ristoratori, commessi di supermercati ecc.).
Si tratta comunque di un documento cartaceo o una app digitale che certifichi lo “stato di immunizzazione”, rilasciata dal Ministero della Sanità, e che potrebbe in prospettiva essere eventualmente prolungata nella validità dal riscontro della presenza di titoli anticorpali “sopra soglia” o comunque di dati che documentino una maggiore persistenza dell’immunità conferita dalla guarigione e/o dalla vaccinazione. Non è accertata la presenza di una “soglia protettiva” di anticorpi.
Prof. Giampiero Carosi

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