Adulti rottamati

Pandemia

Si tende a guardare il mondo dei giovani da parte degli adulti come se questi non fossero mai stati giovani. Se è vero che, a un anno di distanza dalla tragedia di Corinaldo, fanno ancora scalpore alcuni testi di musica trap, va anche detto che gli adulti che additano questa generazione come “persa” sono gli stessi che potenzialmente potevano andare a Woodstock, proclamare l'amore libero o l'uso di sostanze stupefacenti. Nella sostanza, i valori fatui ai quali questa generazione si sta aggrappando e gli artisti che interpretano questi valori non sono poi troppo diversi da quelli che hanno vissuto altre generazioni da un punto di vista sia valoriale che di esibizione artistico-musicale. Se riconoscessimo, quindi, che questo problema non è specifico di questa generazione, allora accorceremmo le distanze fra noi.

Un altro punto è il disorientamento. I giovani, per diventare adulti, devono avere dei punti di riferimento istituzionali (scuola, Stato) oppure personali (famiglia, professori). Il problema è che oggi queste figure hanno perso il valore orientativo e l'autorevolezza per poter guidare i ragazzi. Prima il rapporto genitoriale si alimentava attraverso la privazione dell'affetto – si dava il voi al padre, per esempio – e il genitore incarnava il potere coercitivo nei confronti del figlio. Oggi si è arrivato a un altro estremo in cui il genitore non solo è considerato alla pari del figlio, ma tende a porre la linea sul genitore. Il processo di crescita dall'età dell'infanzia all'età adulta richiede, invece, la presenza di adulti credibili, di punti di riferimento. Nel momento in cui questi punti vengono a mancare perché sono stati destituiti da un certo modo di esprimere i ruoli che oggi non riterremmo più condivisibili, nel buttare via queste modalità sono stati dismessi anche i ruoli. 

La crescita dei ragazzi non è solo prerogativa delle famiglie, ma anche dei luoghi in cui si trovano, come la scuola. Negli anni, il rapporto di fiducia genitori-scuola si è rotto per vari motivi. Un tempo nelle famiglie si insegnava il rispetto per tutti quelli che erano i pubblici ufficiali, dal vigile urbano all'insegnante. Oggi è, invece, diffusa una cultura secondo la quale il pubblico ufficiale ha perso d'autorità perché ci si ritiene in grado di sapere tutto e, così, ogni persona mette in dubbio l'autorità preposta. Questo approccio alla contestazione verso le forme di autorità e professionalità sta diventando molto diffuso e punta a destituire l'autorità. Le famiglie perdono, così, il ruolo di modello e questo mina gli altri ruoli educativi. Per esempio, nel tempo l'insegnante – per tutta una serie di motivi – ha perso qualità e questo ha fatto venire meno un processo di fiducia

All'orizzonte non si vedono cambiamenti sostanziali, a meno che questa situazione di degrado dei costumi e dell'impegno civile non generi una reazione spontanea e riporti i ragazzi nella direzione opposta rispetto a oggi. Si veda, per esempio, ciò che sta avvenendo sul tema della sostenibilità ambientale, dove i ragazzi stanno adottando comportamenti opposti e condivisibili rispetto a quelli sbagliati degli adulti. Secondo me, il cambiamento non arriverà dal sistema, ma dai ragazzi stessi. 

 

Daniele Grassucci è il direttore del portale degli studenti Skuola.net