8 marzo: quando sarà raggiunta la vera parità

Non ci eravamo ancora ripresi dall’elezione di una donna – la prima – a presidente del Consiglio italiano, avvenuta qualche mese fa, quando a capo del maggior partito di opposizione è stata eletta una donna – la prima donna a rivestire questo ruolo – e a presidente della Cassazione, la suprema corte italiana, è stata eletta un’altra donna, anche in questo caso per la prima volta in Italia. Che cosa sta succedendo? Come mai questa improvvisa accelerazione? In realtà era da tempo che in molti paesi esteri erano ascese donne nelle posizioni di maggior potere, ma sembrava che questo non fosse così probabile in Italia. Un’Italia, dove il voto alle donne era tardato fino al 1946, dove il permesso alle donne di diventare magistrato venne sancito solo nel 1963, dove il diritto di famiglia che abrogava le discriminazioni a sfavore delle donne venne modificato solo dagli anni 1970 in poi, per non parlare dell’apertura di alcune carriere militari, che avvenne in anni ancora più recenti. Questa accelerazione è spiegabile per la grande volontà di molte donne italiane di sfruttare queste aperture legislative, lavorando sodo, con una passione che invece sembra calante fra gli uomini, e spesso con maggiore equilibrio. Chi insegna nelle università italiane sa che da tempo le giovani che si laureano sono in numero maggiore dei giovani e con un profitto accademico mediamente superiore. Ma ancora forte resta il divario fra le carriere femminili e quelle maschili.

Proprio per questo, due importanti osservazioni devono essere fatte. La prima osservazione solleva il problema della resistenza delle donne in posizioni apicali. Queste posizioni assorbono infatti la vita in una maniera totalitaria e le donne non sono mai state abituate ad avere una sola dimensione, bensì a giocarsi su molti ruoli. Si spiegano così le recenti “dimissioni” della prima ministra neozelandese e di quella scozzese, come pure le dimissioni di certe donne CEO (amministratori delegati) da imprese di grandi dimensioni. Ma, sempre in tema di resistenza, può anche essere richiamata la mancata abitudine delle donne al “fallimento”, sia politico sia economico, perché da millenni solo poche salivano a posizioni di potere e dunque le donne non sono allenate alla lotta dura, che comporta appunto anche fallimenti. Tuttavia, mai si comincia, mai si può migliorare!

La seconda osservazione riguarda ciò che le società avanzate stanno sacrificando sull’altare del successo delle donne in politica e in economia. L’equilibrio storico che aveva visto nei secoli la specializzazione dell’uomo nel foro esterno e quello della donna nel foro familiare e che aveva permesso alla famiglia di continuare a svolgere la sua funzione generativa si è spezzato e nelle società “avanzate” la famiglia non svolge più il suo ruolo come luogo generativo ed educativo di nuove generazioni. Un nuovo equilibrio è ancora lontano dall’apparire, benchè sia assolutamente possibile, però a due condizioni. La prima è che nessuna attività umana diventi “totalista”: né l’attività politica, né la direzione aziendale, né qualunque lavoro. La persona umana è fatta a più dimensioni e per farla fiorire la società deve essere organizzata in modo tale da permetterle di coltivare almeno i suoi aspetti più costitutivi: quello relazionale (famiglia, associazionismo, interessi civici) e quello lavorativo. La seconda è correlata alla prima condizione: è inaccettabile “specializzare” strutturalmente la vita di categorie di persone in modo tale da togliere loro la possibilità di realizzare integralmente la loro personalità. Una eventuale specializzazione deve essere lasciata alla libera scelta individuale. In una famiglia tutti devono avere il diritto di vivere una loro vita “piena” e dunque all’uomo si deve chiedere di occuparsi anche della famiglia (quanti sono oggi gli uomini che si assumono questa responsabilità?), mentre alla donna deve essere permesso di realizzarsi professionalmente senza dover rinunciare alla vita relazionale (quante sono ancor oggi le donne che per realizzarsi professionalmente devono rinunciare ad avere figli?).

La vera parità sarà raggiunta quando si modificheranno le condizioni delle carriere lavorative e della gestione della famiglia da parte di uomini e donne, in politica come in economia, un obiettivo a cui si sta lavorando, però con troppa lentezza. Godiamoci comunque oggi i successi raggiunti dalle donne italiane.