Lo Spirito che colma i vuoti

La nostra vita non è nient’altro che una costellazione di crepe: piccole, grandi, conosciute o no. Crepe, crepacci, crepature, fessure, fenditure… Il paesaggio dei nostri progetti, dei sogni mai realizzati, delle intenzioni mai portate a termine… Le crepe rovinano la superficie. Tolgono l’impressione della perfezione. Sono i momenti della nostra vita di cui ci vergogniamo. Incrinano l’autostima e la buona reputazione. Molto spesso sono frutto della paura.

Questa domenica è come il giorno in cui Gesù entrò nel cenacolo. Soffiò e infuse lo Spirito Santo, il dono migliore che si può ricevere in caso di crepe e fessure. Cinquanta giorni dopo, nello stesso posto, il soffiò si tramutò in vento. La paura si trasformò e le fessure divennero vie d’uscita. Quando si riceve lo Spirito più vuoti interiori si hanno e meglio è. Esso, infatti, riempie i buchi e le mancanze, diventa struttura portante, crea nuove forme, migliori di quelle precedenti.

Le crepe nascono quando tentiamo di plasmare la nostra vita attorno a Gesù. Da buoni cristiani vogliamo imitarlo, ma spesso non ci riusciamo. Oppure quando cerchiamo di dipingere la nostra vita, come se fosse un icona, ma ci rendiamo contro che le linee da disegnare si deformano subito. Questa, tuttavia, è la strada preferita dallo Spirito Santo. Con delizia attraversa, scruta, riempie e poi ripara e guarisce. In questo modo il materiale diventa più solido e noi più grati e umili, comprendendo che, per fortuna, non tutto dipende da noi. I fallimenti sono i luoghi prediletti dallo Spirito.

La Pentecoste è la festa delle crepe, perché Dio dà a esse un senso rendendole posti in cui è possibile avvertire la presenza di Colui che chiamiamo Consolatore perfetto, ospite dell’anima, dolcissimo sollievo. Questa danza misteriosa e miracolosa del Dito della Mano di Dio sulle nostre perplessità aspetta solo la nostra partecipazione. Dobbiamo passare dalla paura alla meraviglia, fino allo slancio entusiastico dell’affidamento totale. Il quale non è altro se non un ballo ricco di sicurezza e gioia, data dalla consapevolezza che solo attraverso di esso il mondo si trasforma e che, prima o poi, dalle crepe sbocceranno i fiori dell’amore.

Bernard Sawicki osb, coordinatore dell’Istituto Monastico, Pontificio Ateneo Sant’Anselmo, Roma