Le buone intenzioni per la Quaresima

La Quaresima è il momento favorevole per celebrare e sperimentare, a partire dall’ascolto della Parola di Dio, l’amore del Padre misericordioso, che ci accoglie come figli, ci perdona e ci invita a vivere la fraternità universale, realizzando una sincera e profonda conversione personale e comunitaria. E’ un tempo questo in cui la Chiesa ci propone di seguire Gesù, primo grande lottatore contro il Maligno, che resiste alla tentazione e ne esce vittorioso dopo la permanenza di quaranta giorni nel deserto .

La vita cristiana esige una lotta quotidiana contro il male, nella certezza della vittoria di Cristo Risorto sul peccato e sulla morte. Tra le “armi” suggerite ci sono il digiuno, la preghiera, e l’elemosina. Il digiuno non è una pratica salutista per ritrovare il benessere fisico, ma un segno di penitenza che ci fa partecipi della lotta di Cristo contro la tentazione di diventare schiavi del denaro, del potere oppressivo, del piacere sfrenato, della violenza cieca e delle molteplici forme di dipendenza, quali la mafia con le piaghe cancrenose dell’usura e del pizzo, la droga, il gioco d’azzardo, l’alcol, l’uso esagerato dei social network.

Una vita sobria apre alla solidarietà verso coloro che soffrono a causa della fame, della povertà, delle ingiustizie , delle guerre e di ogni violenza. L’esperienza dell’amore misericordioso di Dio ci rende attenti ai bisogni del prossimo con il quale abbiamo il dovere di condividere i doni che il Signore mette a nostra disposizione.

Il Santo Padre Francesco per la Quaresima 2017 ci invita a meditare sulla Parabola del ricco e del povero Lazzaro (Lc 16,19-31), che ci offre la chiave per comprendere come agire per raggiungere la vera felicità e la vita eterna. La parabola ci presenta due personaggi: il povero Lazzaro, un individuo con una storia personale, simbolo dell’uomo degradato e umiliato; il ricco che non ha un nome in cui s’intravede drammaticamente la corruzione del peccato; la sua vita è prigioniera dell’esteriorità, della dimensione più superficiale ed effimera dell’esistenza. L’attaccamento al denaro lo rende cieco, incapace di vedere il povero affamato, piagato e prostrato nella sua umiliazione. La radice dei suoi mali è il non prestare ascolto alla Parola di Dio e questo lo porta a non amare Dio e a disprezzare il prossimo. La parte principale della parabola si svolge nell’aldilà. Il ricco e il povero muoiono entrambi e mentre Lazzaro è portato nella gioia piena assieme ad Abramo, il ricco spendaccione è condannato al supplizio eterno.

Il passo evangelico ci offre un messaggio attuale, facendoci comprendere che l’altro non è un fastidioso ingombro, ma un appello a cambiare vita. La Quaresima è il “tempo propizio” (cfr 2Cor 6,1) per aprire la porta ai tanti bisognosi nei quali riconoscere il volto di Cristo. Ognuno di noi ne trova tanti sul proprio cammino. Ogni vita che ci viene incontro è un dono e merita accoglienza, rispetto, amore. L’amore cristiano non aspetta di essere richiesto per agire, ma sollecitamente si accorge del bisogno dell’altro e prontamente interviene. La parabola può essere applicata a tanti settori della vita sociale e, a livello planetario, all’attuale situazione socio-economica dell’umanità di cui solo una minima parte gode di quasi tutti i beni esistenti, mentre la maggioranza vive miseramente, pur avendo fornito i beni fondamentali alla parte fortunata.

Il Magistero sociale della Chiesa auspica una maggiore cooperazione internazionale in campo economico, improntata alla logica del dono e della gratuità da parte delle nazioni ricche nei confronti di quelle in via di sviluppo, con cui intrecciare relazioni di amicizia e di socialità, di solidarietà e di reciprocità.

L’esperienza che ho fatto recentemente in Tanzania, assieme a due confratelli presbiteri, visitando le opere pastorali, educative, sanitarie e sociali, realizzate nella Diocesi di Iringa da parte di comunità e associazioni della nostra Diocesi, mi ha fatto toccare con mano come sia possibile tra Chiese sorelle una comunione concreta che arricchisce chi riceve ma, soprattutto, chi dona.

mons. Michele Pennisi, Arcivescovo di Monreale (Pa)