Il vero senso dell'amore

L’inflazione delle parole sull’amore che sperimentiamo ogni giorno significa che, purtroppo, non sappiamo più amare. Per soddisfare i nostri bisogni vogliamo tutto subito e di ottima qualità. Tale approccio, tuttavia, è il contrario del vero amore. Questo sentimento non si fonda sulle parole (nonostante ogni tanto ne abbia  bisogno). L'amore sa aspettare e – come diceva Simone Weil – celebra la distanza. L’amore non è facile, non soddisfa immediatamente e come vogliamo i nostri desideri. Eppure, quando ci manca, avvertiamo di non poter vivere senza di esso. I possibili sostituti ci annoiano, spingendoci a cercare altrove.

L’amore è semplice, ma la sua natura è multeplice. Qualcuno ha detto che questo sentimento ha molti nomi. Lo capiamo dalla fiamma che mette nel nostro cuore, che riscalda e illumina la nostra vita. Questa fiamma si chiama Eros. È molto delicata. Richiede tanta attenzione e cura. Accesa di solito facilmente, se non alimentata a dovere, si spegne velocemente.

Possiamo dire che proprio questa fiamma, cioè Eros, è il motore della nostra vita, la spinta di tutte le nostre azioni. Lo diciamo non per promuovere l'erotismo sfrenato. Al contrario! Vogliamo indicare la vera, dimenticata natura di Eros che necessariamente deve stare al centro ogni storia sentimentale ma non può essere identificato con l'amore stesso. Va piuttosto recuperata la dimensione essenziale di quest'ultimo. Oggi l'Eros soffre molto. Mutilato, massacrato e deformato sino a richiare di morire. 

Molto significativo quanto sostenuto da Platone nel “Simposio”. Spiegando chi sia il filosofo dice che esso è Eros, posizionadosi nel mezzo tra sapienza e ignoranza. Nessun dio, infatti, ama il sapere e nessuno desidera diventare sapiente, perché gli dei lo sono già. Chiunque possegga davvero il sapere, infatti, non fa filosofia.

Eros è il dinamismo che si mette sempre in movimento e ci spinge a cercare la sapienza. È un eterno passaggio. Non è mai soddisfatto, è sempre attratto e desideroso ma anche delicato e rispettoso. Sa stare al suo posto. È umile. Tempo fa un teologo per definire la spiritualità ha usato parole simili a quelle che stiamo utilizzando per Eros, sostenendo che si tratti di una fiamma da mantenere accesa con serenità ed efficienza

Troviamo questi aspetti nella parabola delle dieci vergini. Si percepisce la presenza di Eros: rende vibrante l'attesa dello sposo, splendente il tesoro della verginità, bella la prospettiva delle nozze e poetico il mistero della notte. Infine ci fa vedere con dolcezza tanto la prudenza delle dieci donne, quanto la dimenticanza dell'olio. La conclusione triste della parabola c'invita, però, a chiederci se le vergini stolte non fossero tanto prese dall'emozione del matrimonio da aver perso la capacità di ragionare bene. 

Questa scena racconta la sagezza. In quanto filosofo Eros è, per forza, amico della saggezza e, forse, anche fratello della sapienza. Basta leggere alcuni passi della Bibbia che descrivono quest'ultima. Essa è agile e la sua purezza le consente di penetrare ogni cosa. È un'emanazione della potenza di Dio, un effluvio genuino della gloria dell'Onnipotente, per questo è impermeabile a ogni contaminazione. È un riflesso della luce perenne, uno specchio immacolato dell'attività di Dio e un'immagine della sua bontà (Sap 7, 24-26).

Nella Bibbia la sagezza/sapienza – Sofia in greco – è presentata come una bella, giovane ragazza, piena di grazia. Non è, del resto, Charis (cioè la grazia) l'altro nome della sapienza? Seguendo la tradizione teologica giungiamo, quindi, alla figura della Vergine Maria.

Qui, negli abienti infiniti dell’eternità Eros trova finalmente il suo mondo. Può correre, danzare, giocare. La sua fiamma si trasforma nei raggi del sole. Allora ritroviamolo, recuperiamolo – con tanta umiltà e delicatezza – per essere davero saggi e sapienti, per riportare l’amore vero nel mondo.