Il potenziale della pazienza

La lezione del Vangelo di oggi è quanto mai attuale: ci vuole tanta pazienza. Essa deve avere varie forme: non deve riguardare solo la liberazione definitiva dal male e il trionfo del bene ma anche la crescita del singolo chicco di grano e la trasformazione della farina lievitata in pasta. La vita è fatta di percorsi e, ognuno di essi, come ci insegna la natura, ha bisogno di tempo. Purtroppo oggi a farla da padrone non sono tanto i processi naturali, conosciuti nell’ambito dell’agricoltura e della gastronomia, quanto quelli meccanici ed elettronici, in cui la reazione segue l’impulso iniziale.

Nella nostra epoca, automatizzata e computerizzata, dimentichiamo che la vita tra gli uomini dovrebbe rispettare i ritmi naturali invece che quelli produttivi e industriali. Uno degli abati benedettini sosteneva, a tal proposito, che è più facile costruire un nuovo monastero che una comunità reale umana composta dagli uomini reali.

Le parabola sulla zizzania e il grano e quelle sul granello di senape e sul lievito, in modo discreto, ma univoco, mostrano che è proprio il ritmo naturale dei rapporti umani la base per il Regno dei Cieli. Il messaggio è chiaro: bisogna rispettare il ritmo imposto dalla natura. Ci vuole molta pazienza. Ma anche fiducia. Perché, grazie a Dio, non tutto dipende da noi.

Misurando tutto in base a noi stessi finiamo col non tenere in considerazione le possibilità offerte dal mondo che ci circonda. Trattiamo gli altri come ingranaggi di un meccanismo o le pedine di una scacchiera. E spesso li sfruttiamo per vincere le nostre personali partite.

Tanto la psicologia quanto l’economia confermano la necessità di avere pazienza in determinati processi. Pensiamo al principio di Pareto, conosciuto anche come “legge 80/20”. Esso sostiene che la maggior parte degli effetti dipende dall’azione della minoranza. Dunque: l’80% delle ricchezze è in mano al 20% della popolazione e il 20% lavora anche per il restante 80%. E gli esempi potrebbero essere molti altri. Tale principio dimostra che dobbiamo accettare la qualità più bassa di molti nostri collaboratori o confratelli. E per questo non devono essere condannati, perché, per quanto si sforzino, non possono migliorare. Ciò non toglie nulla alla nostra responsabilità e al nostro coinvolgimento, che devono essere massimi.

L’altra dimensione della pazienza è quella della sorpresa. Cerchiamo di non giudicare con troppa facilità. Molto spesso chi sembra poco bravo porta grandi risultati e viceversa. Ognuno è importante e non va ignorato. Qualsiasi piccola attività può sbocciare in modo meraviglioso e far nascere tante cose belle. Basta non seguire i pregiudizi, non precludere, ma dare possibilità.

La pazienza, infine, favorisce trasformazioni. Non ci rendiamo conto di quanto gesti, parole e reazioni possano modficare gli ambienti e gli atteggiamenti delle persone. Capita che una piccola situazione possa radicalmente cambiare grandi spazi di vita. Basta avere forza e convinzione. Sappiamo, infatti, che ogni cosa è collegata a un’altra. E’ sufficiente cambiare una parte della nostra esistenza (o dei nostri rapporti) e, piano piano, ma in modo irrevocabile, muteranno tante cose. Prenderanno il via processi di vita e di speranza.

La pazienza è una chiave per cambiare il mondo. Questo mutamento è continuo ma, come abbiamo sottolineato, avviene in modo delicato e discreto. Queste due caratteristiche non si riferiscono, però, alla durata dei cambiamenti. Sono piuttosto mezzi efficaci a garantirli. Le tre parabole di Gesù sono una guida che riguarda ogni processo andato a buon fine. Anche perché, per chi crede, cambiare in funzione del bene significa avvicinarsi al Regno di Dio.

Bernard Sawicki Osb
Corrdinatore dell’istituto Monastico
Ateneo Pontificio Sant’Anselmo, Roma
www.anselmianum.com