Giovanni e la lezione ai potenti

Il patrono di questa domenica, San Giovanni Battista, ci lascia una lezione sempre attuale: dare spazio agli altri. Nel mondo odierno, caratterizzato da una concorrenza continua e assoluta e da un narcisismo universale, ormai diventato l'unico modello per una vita di successo, questa lezione è necessaria, anche se tardiva. 

La società ci impone di lottare, per salvare noi stessi, per ritagliarci spazi nei quali crescere, per sentirci al sicuro. Ciò lascia ampio campo al potere. Se oggi conta tanto la visibilità, facciamo prima tutto per essere notati, apprezzati, presi in considerazione. Purtroppo non tutti possono accedere a posti di lavoro e posizioni prestigiose, magari accompagnati da un buono stipendio. Siamo quindi costretti a combattere, a eliminare gli altri, spesso in modo molto sottile. Anzi, nel tempo abbiamo sviluppato strategie per ottenere quello a cui aspiriamo: contatti, amicizie, promesse, proposte di scambio. Qualcuno, giustamente, ha sottolineato che ormai non contano più le competenze ma le conoscenze. Queste si basano sulla regola del “win-win”: offrire qualcosa, invitare qualcuno per essere ricambiato. Se non hai niente da mettere sul piatto finisci col non contare nulla. A questo, in fondo, servono le posizioni vantaggiose: consentono di proporre qualcosa al fine acquisire maggiore potere. 

Questa situazione non è nient’altro che un processo globale e totale di emarginazione. I potenti accrescono i loro possedimenti e, di conseguenza, i poveri diventano totalmente dipendenti da loro. Rimane solo un senso di forte ingiustizia. L’altro conta solo in funzione di un eventuale profitto.

Giovanni Battista aveva una posizione prestigiosa, frutto dalla sua vita severa e coerente. Avrebbe potuto proseguire nella costruzione del suo brand personale. Avrebbe potuto sentirsi minacciato dalla comparsa di Gesù. Pensiamo a cosa avviene oggi. Quando emerge una personalità non mediocre, capace, i potenti cercano subito un modo per eliminarla. Avviene sia in politica che nel mondo accademico, nello show business e in ambito manageriale. 

Giovanni invece non esita a dire: “Io non sono quello che voi pensate! Ma ecco, viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di slacciare i sandali” (At 13, 25) e anche “Bisogna che egli cresca, e che io diminuisca” (Giov 3, 20). Riesce non solo a riconoscere la grandezza di Gesù e la sua posizione, ma anche a dichiararlo pubblicamente. In seguito si ritira per lasciargli spazio. Sant'Agostino lo ha paragonato, per questo, all'accorciarsi delle giornate, che, per l'appunto, inizia in questo periodo, in prossimità della festa di San Giovanni Battista, e arriva sino a Natale. L'ultimo profeta non fa tutto questo per utilità personale, ma si abbassa sino alla decapitazione. Gesù, invece, verrà esaltato dalla croce.  

L’arte di scomparire, di sapersi fare da parte per lasciare campo agli altri sembra oggi l’unico modo per far cessare tante sofferenze nel mondo. Ciò dovrebbe riguardare le società del benessere, i Paesi ricchi, le persone di successo e i potenti. Ma possiamo cominciare noi stessi, guardandoci intorno e notando chi ci sta vicino e non è stato ancora notato, apprezzato, coinvolto. Aspettano come gli operai dell’ultima ora, cui non va incontro nessuno. Perdono la loro speranza sprecando le loro competenze e il loro entusiasmo. In ognuno di loro c’è Gesù, trascurato, bloccato, ignorato. Servirebbe, per loro, un Giovanni disposto a morire per interrompere il circolo vizioso della concorrenza e della rivalità. Come ci ha promesso Gesù, nella casa del di suo Padre ci sono molti posti  (Giov 14,2). Quindi, perché non portare la speranza a coloro i quali non viene dato spazio nella società del successo mondano?