Bufera sulla Kirchner

Le dichiarazioni che la vicepresidente dell’Argentina Cristina Kirchner avrebbe espresso contro gli italiani, hanno dell’incredibile. In un intervento fatto alla fiera del libro a L'Avana, avrebbe detto che gli italiani, per genetica sono mafiosi. Credo che nessun politico nel mondo si sia avventurato in espressioni così irresponsabili e offensive verso una nazione. L’incidente è ancora più grave se a esprimersi così violentemente è una persona che, oltre alla attuale carica repubblicana di un grande Stato, circa un lustro fa è stata anche presidente: la maggior carica dello Stato. Diverse associazioni di argentini hanno protestato e denunciato la Kirchner per discriminazione razziale, così come hanno fatto rappresentanti delle nostre istituzioni nazionali. E pensare che nel grande paese sudamericano, su due abitanti, uno vanta discendenze italiane, e dunque si può capire fin da ora quale terremoto provocherà la irresponsabile dichiarazione.

Tutti concordano che la Kirchner abbia lanciato questo macigno nello stagno, in polemica con il suo avversario, l’ex presidente Argentino Mauricio Macri, discendente di calabresi emigrati nei primi anni del 900, con accuse, senza fare nomi, di rapporti internazionali con la ‘ndrangheta’ calabrese. Sarà interessante capire cosa farà il governo italiano per tutelare l'onorabilità italica, probabilmente spinto anche dalla presa di distanza immediata del Presidente Argentino, che ha sottolineato le qualità di laboriosità e di generosità che gli immigrati italiani hanno sempre saputo assicurare per lo sviluppo di quella nazione. Comunque da questa storia si possono desumere due elementi di tendenza preoccupanti: una classe dirigente in occidente incapace di garantire l’alto spessore dei loro precedessori, un uso spregiudicato dei media per far leva su pregiudizi che si hanno su razze, nazionalità o categorie particolari di persone. Questa vicenda, comunque, più che suggerire disprezzo, ci spinge ad avere compassione per una persona che ha una così alta responsabilità istituzionale, eppure si comporta come una poveretta qualsiasi.