Concorsi truccati al Policlinico di Palermo: arrestati padre e figlia

Notificati provvedimenti d'interdizione ai pubblici uffici a 11 indagati. Altre 10 persone sono indagate in stato di libertà per corruzione

Padre e figlia avrebbero truccato concorsi per professori ordinari e ricercatori universitari al Policlinico “Paolo Giaccone” di Palermo. Per tali motivi, i carabinieri del Nas hanno eseguito un’ordinanza agli arresti domiciliari nei confronti di un ex professore e direttore del dipartimento di chirurgia del Policlinico, ora in pensione, e della figlia, chirurgo plastico all’ospedale Civico di Palermo. Notificati anche provvedimenti d’interdizione ai pubblici uffici, per la durata di 12 mesi, con l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, a 11 indagati. Altre dieci persone, inoltre, sarebbero indagate in stato di libertà, riporta Ansa.

L’indagine partita nel 2019

Tra gli undici destinatari del provvedimento d’interdizione, cinque sono al Dipartimento del Policlinico (un ex ordinario, un ordinario in servizio, un professore associato, un ricercatore, un infermiere); un altro è ordinario e direttore del dipartimento di Discipline chirurgiche, oncologiche e stomatologiche; uno è il figlio dell’ex professore universitario e direttore del dipartimento di Chirurgia del Policlinico, che all’epoca dei fatti prestava servizio al Policlinico di Messina e in atto è dipendente del Policlinico di Palermo; quattro sono professori ordinari di Chirurgia in servizio nelle Università di Roma (Campus Bio-Medico), Napoli (Vanvitelli) e Messina, i quali hanno ricoperto le funzioni di presidenti e membri di commissioni nell’ambito di diversi concorsi universitari.

L’inchiesta è partita nel giugno del 2019, quando un medico del Policlinico di Palermo ha presentato una denuncia nella quale segnalava comportamenti illeciti del direttore di un dipartimento dell’ospedale che avrebbe influenzato un concorso universitario per la nomina di un ordinario.

Secondo i carabinieri del Nas di Palermo, gli indagati alteravano il naturale esito dei concorsi, nell’ambito di un “patto dell’alternanza”: i candidati erano legati a uno o all’altro complice, grazie anche alla collusione di altri membri delle commissioni, spesso designati fra soggetti a loro vicini.

Diversi erano i metodi utilizzati, sia influendo sulle modalità dei criteri di valutazione dei candidati e dei loro titoli, sia raccogliendo informazioni destinate a rimanere segrete con la collaborazione di membri delle commissioni, sui punteggi provvisori attribuiti dai commissari ai candidati allo scopo di far redigere nuove graduatorie provvisorie o inserire, nei verbali di riunione delle commissioni, criteri di selezione più favorevoli ai candidati di loro gradimento, fino a ricorrere all’invio di lettere, di cui veniva raccomandata l’immediata distruzione dopo la lettura, nelle quali venivano segnalati i candidati di gradimento.

Agli indagati vengono contestati, a vario titolo, i reati di corruzione, peculato, turbata libertà di scelta del contraente, truffa, rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio, falso ideologico in documenti informatici, calunnia e abuso d’ufficio.