Caserta, in carcere manca l’acqua: la moglie del boss verso la scarcerazione

Ad "usufruire" della riduzione di pena è Emilia Sibillo, moglie di Giuseppe Buonerba, boss dell'omonimo gruppo camorristico napoletano

Carceri
Detenuto in carcere (immagine di repertorio)

La situazione di cronica mancanza d’acqua diventa il motivo per una scarcerazione anticipata “eccellente”. Accade nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, a Caserta: ad “usufruire” della riduzione di pena è Emilia Sibillo, moglie del boss Giuseppe Buonerba, ritenuto elemento di spicco dell’omonimo gruppo camorristico napoletano. Nel carcere casertano manca infatti l’allaccio alla rete idrica e l’acqua viene prelevata da due pozzi artesiani per poi essere potabilizzata.

“Per 1.602 giorni la detenuta ha patito la carenza dell’acqua potabile”, scrive il magistrato di sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) nell’ordinanza con la quale ha disposto la riduzione di pena e, in base al ricalcolo, in assenza di ulteriori provvedimenti, anche la scarcerazione. La donna dal 2015 sta scontando una condanna a 8 anni e 6 mesi per associazione di tipo camorristico.

L’avvocato: “Finalmente anche in Italia si fanno valere i diritti umani per i detenuti”

Il giudice ha accolto l’istanza presentata dal legale della donna, l’avvocato Sergio Simpatico, per il quale “finalmente in Italia si fanno valere i diritti umani anche per i detenuti. I trattamenti disumani e degradanti non sono ammessi per nessuno, soprattutto nelle democrazie occidentali. Con questa ordinanza – conclude – non possiamo sentirci più l’ultima ruota del carro”.

La “grave mancanza di acqua potabile nell’Istituto di Santa Maria Capua Vetere”, peraltro già sottolineata in più occasioni da diverse istituzioni, è stata evidenziata lo scorso 21 febbraio nell’istanza con cui è stato anche ricordato che il carcere vive “in una situazione di sovraffollamento”. In sostanza, è la tesi dell’avvocato riportata da TgCom24 e accolta dal giudice, tutto questo “comporta un aumento esponenziale del trattamento inumano e degradante, che diventa esagerato, con grave nocumento per la salute, minata dalla carenza di igiene senza acqua”.

Nel reclamo l’avvocato Simpatico ha evidenziato anche che la detenuta ha fruito di pochissime ore d’aria e che le celle erano di dimensioni ridottissime (meno di 3 metri quadrati pro capite). Il giudice ha ridotto di 160 giorni la pena da espiare e concesso un indennizzo di 16 euro. In base al ricalcolo, Emilia Sibillo, avrebbe dovuto essere scarcerata circa un mese e mezzo fa.