“Vi svelo i segreti della Via Crucis di Orte”

Durante la Settimana Santa, da nord a sud, nelle grandi città così come nei piccoli paesi, sono tantissimi i riti e le feste popolari che invadono le strade per commemorare la passione e la morte di Cristo. A Orte, in provincia di Viterbo, si svolge una delle più antiche e suggestive processioni d’Italia, con ben 500 figuranti. In Terris ne ha parlato con Roberto Rondelli, rettore delle Confraternite riunite di Orte, che ci ha raccontato di non averne mai saltata una, in quarant’anni.

In tanti luoghi in Italia e nel mondo, si celebra la rappresentazione della passione di Cristo. Ma perché ancora oggi abbiamo bisogno di vivere così intimamente questo momento? In fondo basterebbe andare in chiesa e prepararsi spiritualmente…
“Ciò che spinge ad indossare gli abiti che ci riportano a quegli istanti e il bisogno di sentirsi protagonisti. Già, perché quando partecipiamo alla santa messa, in un certo senso, siamo degli spettatori. In questi eventi, invece, sono i fedeli stessi, in prima persona, a far rivivere la tradizione, a sfilare per le vie, a passeggiare fra le loro case”.

Non folclore o spettacolo, ma fede e preghiera. Che cosa significa portare avanti una tradizione che inizia nel 1175? E che cos’è una confraternita oggi?
“Nella nostra città, ci sono otto confraternite: sette maschili ed una femminile, più un organismo superiore, costituito nel 1946, dopo la fine del fascismo, che prende il nome di ‘Confraternite riunite di Orte’. Tra l’altro è proprio qui che nasce la più antica confraternita d’Italia, quella di Santa Croce. Per quanto riguarda il ruolo che esse ricoprono, tutt’oggi hanno un grandissimo seguito, anche tra i giovani. Il motivo è che sono sempre riuscite a stare al passo con i tempi. A mantenere da un lato la loro vocazione assistenziale e spirituale, e dall’altro ad essere presenti sul territorio attraverso numerose opere di solidarietà, che guardano alle problematiche dell’uomo del XXI secolo. Di recente ad esempio, abbiamo fatto una raccolta straordinaria di generi alimentari per la Caritas, mentre a breve ci occuperemo delle donazioni di sangue a favore dell’Avis locale”.

Quindi la missione continua ad essere l’impegno nel sociale…
“Non solo. Da diversi anni facciamo anche incontri di catechesi. Quest'anno ne abbiamo realizzati sette sulla fratellanza nella Bibbia, partendo da Caino e Abele, fino ad arrivare al Figliol prodigo. A chiudere il ciclo, è stato il Vescovo della diocesi di Civita Castellana, mons.Romano Rossi. Poi c’è tutta la parte di ‘manutenzione’ delle chiese. Quattro su sei, sono infatti sede delle nostre confraternite. Tanti impegni che consentono quindi di comprendere come vi sia ancora una presenza attiva e vivace dei nostri confratelli, che rispetto a tante altre realtà nel mondo, non si limitano dunque ad uscire solo come portantini nelle processioni. Tra l’altro, la promozione di iniziative culturali e di altre attività, ha consentito di far riconoscere dalla Regione Lazio, il nostro Museo come ‘diffuso’”.

Dunque entrare nel 2019 in una delle confraternite di Orte cosa significa?
“Significa cercare di avvicinarsi a Gesù, appartenendo a un gruppo di persone che operano, come afferma Papa Francesco, nella carità, nel dare aiuto ai poveri, attraverso progetti di solidarietà che vengono portati avanti ogni giorno. Perché come dicevo, è proprio questo il nostro compito”.

Cosa chiedete agli aspiranti confratelli?
“Non ci sono dei requisiti particolari. Si entra per tradizione familiare. Oppure per ritrovare una propria dimensione spirituale. Molti giovani decidono di fare questa esperienza per vivere un momento intenso di fede, che raggiunge il suo culmine con la processione del Cristo Morto”.

Quali sono i simboli che un confratello porta con sé?
“Da secoli e secoli, il percorso è rimasto invariato. In occasione del Venerdì Santo, tutte le luci di Orte vengono spente. Si crea una dimensione surreale. Il silenzio, avvolge la città, rotto non da parole ma solo da preghiere. I figuranti indossano invece un saio cinto da un cordone. Il cordone è un modo per essere più legati, più vicini al Signore. I nodi in particolare hanno tre interpretazioni: se sono tre, rappresentano le cadute sul calvario; se sono cinque, le cinque passioni di Cristo;se sono addirittura sette, le perdite di sangue di Gesù. Inoltre anche il cappuccio che indossano i confratelli è un segno importante perché significa uguaglianza. Le confraternite sono nate proprio per operare in modo uguale per tutti e per supportare le persone in difficoltà con opere di pietà e di carità. Quindi sotto il cappuccio siamo tutti uguali. Infine alcuni portano una catena, che rappresenta la costrizione con la quale Cristo è stato condotto sul calvario. Si cinge ai piedi di coloro che sono scalzi e che noi definiamo cirenei, la cui parola viene da Simone di Cirene che supportò Gesù nel fardello della Croce”.

Cosa significa essere scalzi?
“Indica un rapporto singolare che si ha con Dio. Infatti all’interno delle confraternite 'gli scalzi' hanno un luogo riservato. Nessuno deve sapere chi sono, neanche noi confratelli. Poi ci sono le croci che vengono portate in processione. Per esempio, la croce adornata con un serpente, raffigura il male sconfitto dal Signore. Perché è vero che essa rappresenta la sofferenza, ma dall'altra è anche il simbolo della redenzione”.

Senza questa fede saremmo veramente in un teatro a cielo aperto. Cosa fa la differenza?
“La differenza la fa il modo in cui gli ortani vivono questo momento. Per la processione c’è un’attesa. Non si pubblicizza in quanto non è un evento mondano, ma religioso. L’abito identifica infatti l'appartenenza ad una scelta che prima di tutto è quella di vivere vicino a Cristo, e poi di raccontare, a questa società sempre più distratta, che è ancora possibile trovare un attimo di intimità con Gesù. Che questo stare a tu per tu con lui, è davvero qualcosa che impone una pausa di riflessione”.

Questo evento cosa vuole dunque comunicarci?
“Che c’è ancora spazio per Dio in questo mondo; che c'è ancora posto nel cuore e nella testa della gente per il Signore. Orte ne è la testimonianza”.