Il Card. Becciu: “Zelo e amore rendono grandi le nostre azioni”

A noi contemporanei che siamo sommersi da mille cose apparentementi importanti, il beato Michele insegna che l'autentica grandezza delle persone proviene non da quanto, ma da come si compie qualcosa. E' lo zelo e l'amore che rendono grandi le nostre azioni e mansioni anche quelle più semplici”. Così il cardinale Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, nell'omelia che ha pronunciato questa mattina a Cracovia, nel corso della Santa Messa per la Beatificazione equipollente di Michele Giedroyc, laico professo dell'ordine di Sant'Agostino, lituano, vissuto nel 1400. 

Di seguito riportiamo il testo integrale dell'omelia pronunciata dal Card. Becciu. 

“Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui (1Gv 4, 16). È risuonato anche quest’oggi il monito dell’apostolo Giovanni, al quale fece riferimento San Giovanni Paolo II in occasione del V centenario della morte del Beato Michele Giedroyc. Così scriveva il Papa: “Con queste parole della Prima Lettera di San Giovanni, che Michele Giedroyc, chiamato beato, si è rivolto dal letto della morte ai suoi confratelli, desidero recarmi spiritualmente alla sua tomba per […] venerare questo umile servo che si è aperto alla santità del Signore ed è diventato un suo segno eloquente tra la gente”. Giovanni Paolo II manifestava così il comune
desiderio che l’anniversario potesse avvicinare la beatificazione, attesa da secoli, di così fedele discepolo del Vangelo. Oggi, dopo 34 anni, celebriamo il compimento di questo desiderio, avvenuto attraverso la decisione del Santo Padre Francesco che il 7 novembre 2018 ha approvato il decreto sull’eroicità delle virtù e ha confermato l’esistenza ininterrotta del culto tributato al beato Michele Giedroyc sin dai tempi antichi. L’odierna celebrazione di ringraziamento vede riuniti insieme i Vescovi della Polonia e della Lituania, due nazioni legate al nostro Beato, che di tutto cuore saluto, unendomi ben volentieri al vostro canto di lode e di gratitudine al Signore per il dono del Beato Michele. In questa circostanza, desidero richiamare soprattutto le parole di San Giovanni Apostolo sull’amore: esse costituiscono la testimonianza di vita e il testamento spirituale del nostro beato, frate agostiniano. Egli ha corrisposto in modo esemplare alla fede in Dio-Amore, perché in questo amore di Dio ritrovava la luce della vita e la serenità del cuore. La pagina evangelica che abbiamo ascoltato (cfr Mt 11, 25-30), riporta una delle preghiere di Gesù che ringrazia il Padre perché si è chinato sui piccoli, rivelando loro il mistero del suo stesso amore, quel mistero nascosto da secoli e che neppure i sapienti potevano e possono comprendere. È il mistero stesso di Gesù inviato dal Padre sulla terra a salvare gli uomini dal potere del male e della morte. Ed è piaciuto a Dio salvare gli uomini, partendo dai più piccoli e dai più fragili. Tale privilegio è un dato perenne nella vicenda biblica, come anche nella vita della Chiesa del passato e del presente. Il Beato Michele ci esorta a iscriverci anche noi, come fece lui, tra i piccoli che hanno accolto e vissuto questo amore. Egli fa parte di quella lunga schiera di discepoli di Cristo che come un filo rosso attraversa la storia della Chiesa; la preferenza di Dio per i semplici e i deboli. Il Signore gli ha concesso il dono della conoscenza dei misteri del suo Regno, di cui il nostro Beato viveva e che custodiva, diventandone convinto testimone con la propria vita. Pur provenendo da una famiglia nobile, Michele svolgeva la funzione di sacrestano che gli era stata affidata nella comunità religiosa. Curava l’ordine nella chiesa di San Marco, lodava ininterrottamente il Signore, eseguiva docilmente i lavori che gli venivano richiesti, con coraggio sopportava le angherie e le contrarietà. Conduceva una vita semplice e povera. Anche se in ragione della sua provenienza avrebbe potuto ricevere gli ordini sacri, scelse di rimanere “piccolo” come fratello laico, circondato dal muro del monastero, rimanendo unito a Cristo Crocifisso e alla Vergine Santissima. E Dio, guardando la mansuetudine del suo cuore, gli ha concesso mentre ancora era in vita il dono di compiere i miracoli e le profezie. I talenti che ha ricevuto li ha spesi a
favore degli altri. Le vie maestre con cui metteva in pratica l’amore del prossimo oggi sono più che mai attuali: l’ascolto dell’altro, l’accoglienza di coloro che bussano alla porta, l’elemosina ai poveri e il conforto agli afflitti.
È da qui che Dio parte per salvare il mondo. Il nostro Beato ha ripercorso la vicenda dei primi discepoli di Gesù: essi, individui semplici e modesti, sono stati scelti dal divino Maestro come apostoli del Regno. Ad essi, non solo ha rivelato il suo mistero, ma lo ha anche a loro affidato perché lo manifestassero al mondo. Michele era un “piccolo” secondo lo spirito del Vangelo. Non cercava nient’altro che Dio stesso. Il mistero della sua esistenza sta proprio nel primato di Dio: a Lui affidava tutto e Lui ringraziava per tutto. Non si affannava per le cose considerate grandi dal mondo, ma rivolgeva la sua attenzione a ciò che era più importante, e cioè l’amore di Dio e l’amicizia con il prossimo. Attraverso il Beato Giedroyc, Gesù continua a rivolgersi oggi alle folle stanche di questo mondo e a dire loro: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (v.28). È il cammino che il Signore continua a mostrarci: raccogliere i deboli imparando da Lui ad essere miti e umili di cuore. A noi contemporanei che siamo sommersi da mille cose apparentemente importanti, il beato Michele insegna che l’autentica grandezza delle persone proviene non da quanto, ma da come si compie qualcosa. È lo zelo e l’amore che rendono grandi le nostre azioni e mansioni, anche quelle più semplici. La sua testimonianza di vita, caratterizzata dall’accettazione dei propri limiti fisici e dall’unione della propria sofferenza a Cristo Crocifisso, oggi diventa una buona notizia per tutti coloro che, come lui, sono spesso relegati ai margini della società a motivo della loro inefficienza fisica, dell’età avanzata o di altri limiti. Egli è una buona notizia per tutti coloro che si sentono colpiti dalle esperienze negative della vita, infelici, delusi, scartati, coloro che hanno perso il senso del proprio valore. A loro indica, con il proprio esempio di vita, la fonte della vera felicità, cioè la fiducia in Dio e la profonda fede in Lui che aiuta ad accettare le proprie croci quotidiane. Nel suo percorso  cristianamente virtuoso, il Beato Michele ha realizzato le parole del Salmo di oggi: “Sei tu il mio Signore, senza di te non ho alcun bene… sta alla mia destra, non posso vacillare” (Sal 16, 2°. 8). Cari fratelli e sorelle, l’odierna celebrazione di ringraziamento, anche se ha luogo in questa città reale di Cracovia, mi offre una particolare occasione per esprimere sentimenti di gratitudine alla Chiesa in Lituania, della quale il Beato Michele Giedroyc è fedele ed illustre figlio. Egli è nato non lontano da Vilnius verso l’anno 1420, appena qualche decennio dopo il battesimo della propria patria. Lì ha trascorso quasi quarant’anni della sua vita, prima di arrivare a Cracovia. Egli fu un bellissimo fiore, uno dei primi, della giovane Chiesa lituana diventando poi un prezioso dono per la
terra polacca. La recente conferma del culto, di cui egli godeva dai tempi antichi, è un forte incoraggiamento alla Chiesa, qui in Polonia, e alla Chiesa in Lituania, per continuare a camminare insieme. La sua santità, ufficialmente riconosciuta e confermata dalla Chiesa, costituisce un sigillo spirituale e una benedizione divina per questo particolare legame. La sua umile persona lega ancora più forte le due nazioni, da secoli molto vicine e che oggi sono chiamate a rinnovare e rinvigorire i loro legami di amicizia. Mi piace sottolineare ancora che questo particolare legame di fede e di reciproca collaborazione fra Polonia e Lituania viene ulteriormente rafforzato dal fatto che l’odierna celebrazione di ringraziamento per la beatificazione di Michele Giedroyc coincide felicemente con il ricordo di un’altra Santa che accumuna i due popoli: Santa Edvige, regina di Polonia e granduchessa di Lituania. Oggi, infatti, ricorre la memoria liturgica di questa Santa e il 22° anniversario della sua canonizzazione compiuta da San Giovanni Paolo II qui, a Cracovia. La misteriosa fantasia della Provvidenza divina, attraverso il Beato Michele e la Santa Edvige, invita oggi i polacchi e i lituani a rinnovare, ad approfondire e a rinsaldare gli storici legami, forti della fede in colui che è Via, Verità e Vita. Questo è il messaggio che il Beato Michele Giedroyc e Santa Edvige oggi ci indicano: la grandezza dei santi sta anche nella loro capacità di superare gli stretti confini delle nazioni e diventare “tutto in tutti”, come diceva di se stesso San Paolo. L’eroica testimonianza evangelica del Beato Michele Giedroyc, figura antica ma modello di santità attuale, sia il lievito per le opere grandi che Dio può compiere in ciascuno di noi, nelle nostre società e nelle nostre Nazioni. L’amore di Dio, di cui testimone ed apostolo è stato il Beato Michele per i popoli lituano e polacco, sia anche un dono fecondo di autentica santità per la Chiesa intera e per tutto il mondo. Beato Michele Giedroyc, prega per noi”.