I risorti

Non sempre è possibile essere all'altezza delle sfide che la vita ci propone. Cadere è semplice, incorrere negli errori o restare vittima di difficoltà, ingiustizie, drammi al di fuori della nostra volontà… Anche questo è semplice, accade, sono i nostri banchi di prova. Decisamente più complesso è rialzarsi, rispondere con forza e coraggio a quegli esami a cui veniamo, a volte nostro malgrado, sottoposti e che siamo chiamati a superare, attraverso le nostre energie, l'aiuto di coloro che amiamo e, naturalmente, della fede. Ed è nel tempo della Pasqua che la parola “resurrezione” incontra la sua essenza più profonda: Gesù esce dal sepolcro dove era stato deposto dopo la sua morte, per palesarsi ai suoi discepoli e affidare loro il compito più grande e più impegnativo, quello di portare nel mondo la sua Parola. Ma il miracolo, quello del ritorno alla vita, era già stato compiuto. Un miracolo che, nel loro quotidiano confronto con la vita, riescono a compiere anche alcuni uomini e alcune donne capaci, nonostante le difficoltà incontrate, di rinascere attraverso la propria volontà e la tenacia della loro fede, scoperta o riscoperta nel momento in cui le tenebre avevano preso il sopravvento. Capaci, appunto, di risorgere.

Giancarlo

Giancarlo di vite ne ha vissute due. Lui la fede l'ha scoperta al termine dell'esistenza precedente, costellata di errori e di cadute, di illusioni e disillusioni. Dio lo ha incontrato fra le mura del carcere, dove ha anche imparato che esiste sempre una possibilità di redenzione: “Io definisco la mia esperienza vissuta in penitenziario come un'università del delinquere. Lì dentro cercavo di mostrarmi forte, mi vantavo di ciò che avevo compiuto e, anche per questo, ho fatto cattive amicizie, scendendo sempre di più in un abisso. Solo in seguito, molto più avanti nella mia vita, ho capito a cosa era dovuto tutto questo”. Il percorso di Giancarlo, per 18 lunghi anni, si è districato fra errori e noncuranza dell'altro, annegando nell'inquieto mare dell'errore quelle che, come avrebbe capito in seguito, erano difficoltà represse legate alla sua adolescenza: “Con mio padre, come ho scoperto dopo l'inizio del mio percorso di rinascita, non avevo mai instaurato un vero e proprio dialogo e molte delle mie difficoltà sono derivate soprattutto da questo”. Il punto di svolta nella sua vita arriva con l'ultima condanna ricevuta. In quell'occasione, ha modo di conoscere il parroco del carcere ed è lui ad aprire i suoi occhi, mostrandogli una nuova via: “Mi disse che esisteva una possibilità di cambiare e di ricominciare in una comunità. Mi ha dato una speranza. Così ho messo un punto alla mia vita di prima e iniziato il mio percorso all'interno della 'Papa Giovanni XXIII'”. Giancarlo approda a Coriano, sede della prima casa istituita dalla comunità fondata da don Benzi e, qui, scopre man mano un mondo diverso: “In questo momento mi sto occupando di una delle due persone disabili che si trovano qui e, aiutandola, ho imparato a perseguire virtù che prima non conoscevo, come la pazienza, e ad amare e rispettare chi, durante la mia vita passata, consideravo nulla”. In questo contesto, ha trovato la sua missione e conosciuto meglio se stesso, anche grazie alla fede: “La lettura del Vangelo mi ha dato molto: aiutare gli altri, fare del bene per poterne ricevere, sono stati insegnamenti perziosi dei quali finora non mi ero mai reso conto. Vivere con queste persone, poi, ti fa davvero capire di quanto amore ci sia bisogno. Certo, è un percorso difficile, che io affronto giorno per giorno ma posso dire che, finalmente, sto conoscendo i veri valori e scoperto la mia dignità”.

Nunzia

E' possibile superare un ricordo funesto e riuscire a riscoprire, nella propria fede, una ragione per affrontare con forza e speranza la vita? Il percorso di vita di Nunzia inizia molto presto a metterla alla prova, quando lei ha solo 11 anni: ” Era l’estate del 1973. Ero su una spiaggia quando un uomo mi attirò nella sua cabina. Compreso il pericolo riuscii a scappare turbata: era questo quello che io ricordavo”. In realtà, all'interno di quelle mura intrise di salsedine era accaduto qualcosa “che il Signore aveva avuto la premura di cancellare dalla mia mente in quel periodo della mia vita” ma che, successivamente, aveva logorato il cuore della piccola Nunzia, conferendole “un senso di inquietudine e inadeguatezza: improvvisamente mi sentivo non più protetta dalle braccia della mia famiglia, anzi cominciavo a pensare che mi avessero lasciata sola”. Un'amarezza che, negli anni seguenti, nulla riusciva a confortare, né le amate lezioni d'organo né, tantomeno, la partecipazione alle proteste liceali di quegli anni. La successiva malattia di sua madre, scomparsa dopo 3 anni di sofferenza, influisce sulla sua fede (“Ormai pregavo senza credere”), così come il secondo matrimonio di suo padre dal quale tenta di fuggire, poco più che ventenne, sposandosi a sua volta: “I primi anni del matrimonio furono sereni anche se, presto, mio marito iniziò sempre di più ad avere un'insofferenza per i doveri familiari e le responsabilità. Decidemmo di avere un figlio e questo fu il momento della mia rinascita vera: al terzo mese mi trovavo sul divano di casa quando all’improvviso sentii dentro di me come un piccolo battito d’ali di farfalla. Quel Dio che io avevo offeso tante volte e che avevo crocifisso con le mie idee da liceale rivoluzionaria mi stava facendo dono del miracolo della vita”. Nonostante la gioia della gravidanza, il matrimonio non potè essere salvato, terminando poco dopo un'ulteriore difficile prova, quella della morte di suo padre: “Un'amica psicoterapeuta mi sostenne in quegli anni dolorosi e faticosi. Attraverso la preghiera (riscoperta anche grazie al suo gruppo RnS) e il suo aiuto pian piano sciolsi tutti i nodi del mio vissuto. Era giunto il momento di ricordare e fu per me sconcertante: in quel momento compresi tutto il grande amore che il Signore aveva avuto e aveva per me. Lui non mi aveva mai abbandonata, anzi il suo grande amore aveva fatto sì che io dimenticassi il doloroso particolare di quell’incontro che avevo avuto all’età di 11 anni che, altrimenti, mi avrebbe segnato ancor più di come era stato. In quel momento ero pronta per ricordare il dolore dell’abuso subito. Dio mi aveva reso più forte nell’anima per poterlo sopportare facendo crescere in me la consapevolezza del suo amore un po' alla volta, entrando nella mia vita dolcemente”. Un amore che, qualche anno dopo, Nunzia vedrà palesarsi anche in un'altra meraviglia del tutto inattesa: la conversione di sua figlia.

Roberto

La storia di Roberto può dirsi quella di una speranza esaudita. Lui il dolore lo ha vissuto attraverso gli occhi di sua moglie, nei quali ha letto la sofferenza di coloro che combattono per la vita: “Nel 2009 a quella che allora era la mia fidanzata, fu diagnosticato, in modo del tutto inaspettato, una seria patologia la quale la costrinse a subire un delicato intervento chirurgico. E, già in quel momento, mi resi conto che la mia fede, fin lì vissuta in modo non troppo coinvolgente, aveva bisogno di essere fortificata, che fosse un conforto necessario, diverso”. Ma la vita, dopo il matrimonio, aveva in serbo per Roberto un'ulteriore difficile prova: “Un intervento effettuato probabilmente in modo errato per una malformazione cardiaca, aveva costretto mia moglie a versare in terapia intensiva, dopo essersi sentita male durante l'operazione che stava subendo. Avevo deciso di risparmiare ai suoi genitori, anziani, l'angoscia di assisterla nelle ore notturne, restando da solo ad attendere notizie sulle poche sedie fuori dalla sala, in compagnia di me stesso e di una statua della Madonna”. Fu in quel momento che, raccogliendosi in una preghiera intensa e fin lì mai sperimentata, Roberto offre al Signore la sua promessa: “Chiesi la grazia per mia moglie, in cambio della mia esistenza. Ricordo che, solo qualche istante dopo, la porta alla mia destra si aprì e ne uscì il chirurgo dicendomi: 'E' successo qualcosa di strano'”. La spiegazione che il medico diede in quel momento significava che, rispetto a poche ore prima, le condizioni cliniche di sua moglie erano cambiate al punto da rendere possibile ed efficace una nuova operazione: “Non solo io ma anche la mia fede è rinata, sotto una nuova luce: in quei giorni difficili, come sarebbero stati anche i seguenti, mi ha dato forza in ogni momento, mi ha trasformato e mi ha fatto capire che ogni giorno è dono. Il Signore ha dato la vita a mia moglie e, di quella notte, ricorderò sempre quella sensazione di silenzio e di pace che, come ho capito in seguito, si manifesta quando egli sta per compiere le sue opere”.