I quattro prodigi di San Michele

“Terribilis est locus iste. Hic domus Dei est et porta coeli” (Questo luogo merita rispetto. Questa è la casa Dio e porta del cielo). E' questa la targa che accoglie i pellegrini quando raggiungono il Santuario di Monte Sant'Angelo, nota località del Gargano. Questa montagna, che domina il Tavoliere e il golfo di Manfredonia, nel V secolo d.C., fu sconvolta da un evento prodigioso che cambiò profondamente la fisionomia del territorio: l'Arcangelo Michele apparve in una grotta situata a 843 metri sopra il livello del mare. Il messaggero divino consacrò quel luogo al culto cristiano, promettendo la remissione dei peccati a tutti quei credenti che, pentiti, vi si fossero recati in preghiera. La grotta divenne meta di pellegrinaggi provenienti da ogni parte d'Europa: imperatori, re, gente del popolo, ma anche santi e papi videro in quella caverna una “porta per il cielo”. In tanti si recarono sul Gargano per affidare all'Arcangelo le loro intenzioni di preghiera.

Le apparizioni

Furono quattro, in tutto, le apparizione dell'Arcangelo sul promontorio pugliese. Un'operetta agiografica, datata tra il V e l’VIII secolo e ribattezzata “Apparitio“, così raccontò quell'evento: “Vi era in questa città un uomo molto ricco di nome Gargano che, a seguito delle sue vicende, diede il nome al monte. Mentre i suoi armenti pascolavano qua e là per i fianchi di scosceso monte, avvenne che un toro, che disprezzava la vicinanza degli altri animali ed era solito andarsene da solo, al ritorno dal gregge, non era tornato nella stalla. Il padrone, riunito un gran numero di servi, cercandolo in tutti i luoghi meno accessibili, lo trova, infine, sulla sommità del monte, dinanzi ad una grotta. Mosso dall’ira perché il toro pascolava da solo, prese l’arco, cercò di colpirlo con una freccia avvelenata. Questa ritorta dal soffio del vento, colpì lo stesso che l’aveva lanciata. Turbato dall’evento, egli si recò dal vescovo che, dopo aver ascoltato il racconto della straordinaria avventura, ordinò tre giorni di preghiere e digiuno. Allo scadere del terzo giorno, al vescovo Maiorano apparve l’Arcangelo Michele che così gli parlò: 'Hai fatto bene a chiedere a Dio ciò che era nascosto agli uomini. Un miracolo ha colpito l’uomo con la sua stessa freccia, affinché fosse chiaro che tutto ciò avviene per mia volontà. Io sono l’Arcangelo Michele e sto sempre alla presenza di Dio. La caverna è a me sacra. E poiché ho deciso di proteggere sulla terra questo luogo ed i suoi abitanti, ho voluto attestare in tal modo di essere di questo luogo e di tutto ciò che avviene patrono e custode. Là dove si spalanca la roccia possono essere perdonati i peccati degli uomini. Quel che sarà qui chiesto nella preghiera sarà esaudito. Va’, perciò, sulla montagna e dedica la grotta al culto cristiano'. Ma, poiché quella montagna misteriosa e quasi inaccessibile era stata luogo di culti pagani, il vescovo esitò prima di decidersi ad obbedire alle parole dell’Arcangelo”.

La seconda apparizione, detta “della vittoria”, viene datata nel 492 d.C. (anche se gli storici fanno riferimento alla battaglia tra bizantini e longobardi del 662), quando i greci attaccarono il Santuario, in difesa del quale accorse Grimoaldo I, duca di Benevento. Secondo la leggenda narrata nel liber,  “la notte che precedeva il giorno della battaglia, apparve in visione al vescovo (Maiorano, ndr.) San Michele, dice che le preghiere sono state esaudite, promette di essere presente e ammonisce di dare battaglia ai nemici all’ora quarta del giorno”. La battaglia, accompagnata da terremoti, folgori e saette, si concluse con il successo di Grimoaldo. La vittoria riportata fu descritta come “voluta da San Michele”. Avvenne l'8 maggio, giorno in cui, tutt'oggi, si festeggia l'Arcangelo come “patrono della Capitanata”.

Una basilica “celeste”

I sipontini stentarono a dedicare una chiesa sul monte. Fu solo dopo la vittoria sui bizantini che il vescovo Maiorano decise di consacrare al culto la grotta in segno di riconoscenza. Anche Papa Gelasio I diede un parere positivo. “Ma la notte, l’angelo Michele, apparve al vescovo di Siponto in visione e disse: 'Non è compito vostro consacrare la Basilica da me costruita. Io che l’ho fondata, io stesso l’ho consacrata. Ma voi entrate e frequentate pure questo luogo, posto sotto la mia protezione'. Allora il vescovo Lorenzo, insieme ad altri sette vescovi pugliesi, in processione con il popolo ed il clero Sipontino, si avviò verso il luogo sacro. Durante il cammino si verificò un prodigio: alcune aquile, con le loro ali spiegate, ripararono i presuli dai raggi del sole. Giunti alla grotta, vi trovarono eretto un rozzo altare, coperto di un pallio vermiglio e sormontato da una croce“. Inoltre, su una roccia, oggi posta dietro l'altare, i sipontini trovarono impressa l'orma del piede dell'Arcangelo. Era il 29 settembre e il vescovo celebrò la Santa Messa su quella roccia. La grotta, essendo l'unico luogo non consacrato da mani d’uomo, ha ricevuto nei secoli il titolo di “Celeste Basilica”. L a quarta e ultima apparizione avvenne nel XVII secolo d.C., quando il sud Italia era flagellato dalla peste. L'Arcangelo promise la guarigione a chi si fosse recato sul monte; poco tempo dopo la malattia scomparve da quelle terre.

Papi e Santi

Tra gli ospiti illustri che passarono per il Santuario non mancano Santi e Papi. Nel 1216 vi si recò San Francesco d'Assisi, in viaggio verso la Terra Santa. Nel Medio Evo, infatti, Monte Sant'Angelo era una tappa obbligatoria per i cavalieri e i pellegrini che partivano alla volta di Gerusalemme per le crociate. Ma il poverello d'Assisi, giunto sul Gargano per cercare “il perdono angelico“, ovvero l'indulgenza plenaria, non osò entrarvi sentendosi indegno di accedervi; si fermò in preghiera all’ingresso. Baciò la terra e su di una pietra incise un segno di croce a forma di Tau. Nella Bibbia, questo è il sigillo impresso sulla fronte delle persone destinate al paradiso. Un gesto simbolico, con il quale Francesco intendeva dire che questo tempio è stato prescelto dagli Angeli per la salvezza di tutti coloro che lo avrebbero visitato. Di qui passarono anche San Bernardo, San Guglielmo da Vercelli – fondatore dell'Abbazia di Montevergine –, San Tommaso d'Aquino e Santa Caterina da Siena.

Padre Pio, che viveva nel convento di San Giovanni Rotondo, altro paese del Gargano, era solito dire: “Prima di venire qui da me andate a Monte Sant'Angelo e invocate la protezione dell'Arcangelo Michele”.

Tanti anche i Papi: Agapito I, Leone IX, Urbano II, Innocenzo II, Celestino III, Urbano VI, Gregorio IX, Benedetto IX. Il 24 maggio maggio del 1987 anche San Giovanni Paolo II si recò in pellegrinaggio alla grotta dell'apparizione. “A questo luogo, come già fecero in passato tanti miei Predecessori nella cattedra di Pietro, sono venuto anch'io per godere un istante dell'atmosfera propria di questo Santuario, fatta di silenzio, di preghiera e di penitenza – disse rivolgendosi ai tanti cittadini che lo salutavano -; sono venuto per venerare ed invocare l'Arcangelo Michele, perché protegga e difenda la Santa Chiesa, in un momento in cui è difficile rendere un'autentica testimonianza cristiana senza compromessi e senza accomodamenti”.

“Quis ut Deus?”

Papa Wojtyla, in quell'occasione, descrisse così la figura dell'Arcangelo: “Per quanto frammentarie, le notizie della Rivelazione sulla personalità ed il ruolo di San Michele sono molto eloquenti. Egli è l'Arcangelo che rivendica i diritti inalienabili di Dio. È uno dei principi del Cielo, eletto alla custodia del Popolo di Dio, da cui uscirà il Salvatore. Ora il nuovo popolo di Dio è la Chiesa. Ecco la ragione per cui Essa lo considera come proprio protettore e sostenitore in tutte le sue lotte per la difesa e la diffusione del regno di Dio sulla terra. È vero che 'le porte degli inferi non prevarranno', secondo l'assicurazione del Signore, ma questo non significa che siamo esenti dalle prove e dalle battaglie contro le insidie del maligno”.

La linea di San Michele

Monte Sant'Angelo, insieme alla Sacra di San Michele in Val di Susa, in provincia di Torino, e alla famosa abbazia di Mont-Saint-Michel, in Normandia, formano la così detta “Linea di San Michele“. Questi tre luoghi hanno in comune la stessa dedicazione, la stessa ubicazione geografica (una montagna), sono gestiti dallo stesso ordine monastico (i Benedettini), e sono dislocati lungo una linea virtuale. Secondo la leggenda, fu la spada di San Michele a tracciarla con un fendente. Consiste in una linea retta di quasi 2.000 chilometri che unisce i tre principali luoghi di culto europei dedicati all’Arcangelo Michele. In realtà esistono altre “linee” che convergono a Monte Sant’Angelo: la Via Francigena (che collega Canterbury, in Inghilterra, a Roma per poi proseguire verso Gerusalemme) coincide, nel tratto meridionale, con la Via Sacra dei Longobardi, antico percorso di origine medievale che unisce Mont-Saint-Michel a Monte Sant’Angelo e fu uno degli itinerari maggiormente percorsi dai pellegrini; come quello verso il Santuario di Santiago de Compostela, alle tombe degli Apostoli a Roma e al Santo Sepolcro di Gerusalemme.