“Ti sposo, ti mollo e ci guadagno”

Quando il 12/13 maggio 1974 gli italiani vennero chiamati alle urne per decidere se abrogare o no la legge Baslini/Fortuna, meglio conosciuta come legge sul divorzio, il quadro sociale, politico ed economico dell’Italia, era cambiato.

Gli anni della contestazione, culminata nel 1968, stavano lasciando segnali profondi, in un paese che, dal boom economico di fine anni 50 inizi 60, si sentiva vivo, proficuo, pieno di energie. Il Paese viveva in uno stato di grazia che nessuno avrebbe mai pensato potesse finire. In questo contesto, che vedeva il lento ma progressivo aumento dell’alfabetizzazione, vedeva materializzarsi una consapevolezza individuale sempre più crescente, la conquista di una nuova libertà, stava portando, sopratutto la donna, a vivere in una dimensione sociale diversa dai 2 decenni precedenti.

Ed è proprio tutto ciò, che porterà le donne a rivendicare il diritto a scelte personali, libere da retaggi morali e decisioni spesso obbligate, cambiando la società, attraverso una vorticosa evoluzione, fino ai giorni nostri. Sarà dunque, l’universo femminile, a dare la spinta decisiva, fondamentale, per tutti i cambiamenti a venire.

Tutto si inserisce in un contesto di evoluzione globale della società occidentale. A livello mondiale è l’epoca della rivolta giovanile, della musica pop e rock e dei figli dei fiori. Sono gli anni in cui la società è contagiata da grandi speranze, ha scoperto i valori dell’emancipazione, oltre che dell’indipendenza politica, della democrazia e della libertà.

In Italia, le donne intraprendono un loro percorso, tutto nuovo, che le introduce in molti ambienti, fino ad allora di accesso esclusivamente maschile. Nel 1963 il Parlamento sancisce l’ammissione della donna nei pubblici uffici e alla libera professione. Nell’aprile del 1965 le entrano per la prima volta in magistratura.

Con il ruolo femminile che cambia, anche il matrimonio subisce grosse modificazioni. La donna non e’ più soggetta ad una dipendenza dal marito, e, con la sua presenza sempre più massiccia nei luoghi di lavoro, partecipa attivamente alla vita economica della coppia.
In questi anni fa capolino anche la libera unione, la convivenza, e comincia a farsi sempre più strada anche l’idea del divorzio nel matrimonio, nonostante la posizione fortemente contraria della Chiesa. Come naturale conseguenza a tutto ciò, nel 1974, l’Italia vota contro l’abrogazione della legge Baslini/Fortuna, ponendo il nostro Paese al pari degli altri Stati europei, in cui già esisteva da mesi prima.

La legge fu considerata volano per altri cambiamenti sociali e legislativi, ma se all’inizio aveva dato la possibilità di sciogliere semplicemente e giuridicamente il vincolo matrimoniale, laddove non ci fosse più accordo tra i coniugi, col passare del tempo, per motivi economici, i divorzi hanno lasciato sempre più il passo alle separazioni che, negli anni, in molti casi, sono risultate essere fittizie. Per capire meglio il processo legislativo e sociale di questa metamorfosi, le principali motivazioni di tale scelta sono state spiegate dall’avvocato Francesca Zaccaria, legale in Roma, che ha evidenziato le ragioni salienti.

Fiscale

Separandosi si alleggerisce la tassazione sulle famiglie, usufruendo di significative agevolazioni stabilite per i genitori tornati nella condizione di single. Questa decisione facilita, ad esempio, la scelta degli asili nido comunali, in base ad un valore di punteggio determinato dalla loro ubicazione. Se l’asilo si trova vicino all’abitazione di un genitore, si otterrà un punteggio maggiore nella graduatoria d’inserimento del bambino/a. Il punteggio andrà a decrescere se la struttura sarà sita vicina al posto di lavoro o alla casa dei nonni. A fronte della separazione, quindi, i genitori single, hanno per legge, il massimo punteggio rispetto alla famiglia tradizionale, perché si suppone che abbiano più esigenze nella gestione della casa, del figlio, della scuola e del posto di lavoro. Automaticamente lo Stato darà loro una priorità di scelta, per avere l’asilo migliore, nella posizione migliore, pagando meno retta scolastica. Il fattore di selezione è dato anche dall’offerta proposta dall’asilo, che comprende, il tempo messo a disposizione per il doposcuola pomeridiano, e dalla mensa.
Con uno Stato come il nostro, che prevede un certo tipo di fiscalità, si può purtroppo capire che molti coniugi, decidano scientemente di separarsi.

Residenza

Affinché lo Stato garantisca le agevolazioni, è necessario essere in possesso di una seconda casa, in modo che i coniugi possano stabilirsi ognuno nella propria abitazione, diventando ciascuno singoli proprietari di un immobile. Il risparmio sulla tassazione deriverà dal fatto che, per il fisco, ci saranno due prime case esenti, ad esempio, da Imu.
Il meccanismo, tuttavia, non si rivela di facile attuazione, dovendo dimostrare di essere in grado di gestire correttamente la situazione. Spesso però, la seconda casa di proprietà, non è sempre nella stessa città, ma in un altro comune o addirittura in un’altra regione.

Perciò, come molte volte accade, il centro delle attività lavorative familiari, si sviluppa nel medesimo centro urbano, e per uno dei due coniugi potrebbe diventare difficile dimostrare che la residenza è altrove. Nell’eventualità che ciò non sia attuabile, e il marito o la moglie non abbiano le possibilità economiche per prendere una casa in affitto nella stessa città, entrambi delibereranno di convivere sotto lo stesso tetto, dividendo l’appartamento in due parti. Allo Stato, quindi, si dichiarerà di fissare la residenza nello stesso appartamento, affermando di vivere separati in casa.

Pensione

In caso di decesso di uno dei due coniugi, quello che rimarrà, avrà il diritto a ricevere la pensione di reversibilità, compresa la percentuale della somma stabilita dall’eventuale trattamento di fine rapporto. Come valutazione finale, viene naturale pensare che, lo Stato dovrebbe controllare che ciascuna separazione omologata dai tribunali, sia reale e non fittizia, ma ciò non è possibile, perché la legge non può obbligare una coppia, nel tempo, a divorziare.

A conclusione di ciò, analizzando l’aumento progressivo delle separazioni nel nostro Paese, non si può soltanto parlare di crisi della famiglia o della coppia. Il dubbio nasce, in quanto lo Stato in tutto ciò, è divenuto complice silenzioso ma attivo. Chi divorzia invece, perde tutto, e lo fa solo colui che vuole risposarsi, cosciente che, non avendo più diritti da una parte, li riacquisterà dall’altra.