Fisco, gender, fine vita: le proposte del Forum delle famiglie

Gigi De Palo, già assessore comunale di Roma alla famiglia, dal novembre 2015 è presidente del nazionale del Forum delle associazioni familiari, dopo la lunga esperienza nella stessa associazione nel Lazio. Sposato, 40 anni, padre di quattro figli. Un “esperto” di famiglia. In Terris lo ha intervistato.

Come sta la famiglia in Italia? Quali sono le principali emergenze?
“Purtroppo non sta bene, perché per troppi anni si è fatto affidamento su un concetto molto semplice: tanto alla fine la famiglia regge, comunque. Oggi siamo giunti ad una situazione in cui i nodi sono arrivati al pettine, e ora la famiglia, non in mancanza di aiuti ma di giustizia, e lo sottolineo perché le famiglie non chiedono aiuti ma giustizia, si trova in evidente difficoltà. Siamo arrivati al paradosso per cui in Italia, che è il Paese con l’inverno demografico più lungo del mondo, se fai un figlio rischi di diventare povero. La nascita di un figlio è uno dei fattori principali tra le cause di povertà. La situazione dunque è molto grave nonostante, e questo dovrebbe far riflettere, tutte le indagini, gli studi e le statistiche dicano che le donne vorrebbero più figli e che per i giovani tra i 18 e i 31 le cose per cui vale la pena vivere sono proprio la famiglia e i figli. Qui sta il paradosso: abbiamo una popolazione, anche giovane, che vorrebbe fare famiglia ma oggi come oggi in Italia è impossibile, a meno di non avere motivazioni di altro tipo, magari di carattere religioso. Ma non si può, in termini politici, istituire la Provvidenza come categoria sociale…”.

In tema di fisco, la Lombardia ha introdotto il Fattore Famiglia, per il quale il Forum si batte da sempre. E’ realmente applicabile a livello nazionale? Con quali costi e quali benefici?
“Il Fattore Famiglia ha l’ambizione di rimettere giustizia nella situazione fiscale italiana alla luce del dettato dell’articolo 53 della Costituzione che parla di capacità contributiva. Noi diciamo che una famiglia deve pagare le tasse in base alla sua composizione, ai carichi familiari. Quali sono i pro? Prima di tutto gli investimenti che una famiglia fa nei confronti dei figli non sono considerati solo ‘affaracci della famiglia’ ma investimenti di un bene comune per tutto il Paese. Perché domani le risorse investite sui nostri bambini, sui nostri figli, sono quelle che permetteranno di pagare il debito pubblico e provare, quanto meno, ad assestare non solo il sistema pensionistico ma più in generale il welfare e il sistema sanitario nazionale, che altrimenti crollerebbero. I contro? Non ce ne sono, se non la volontà politica di farlo”.

Vale a dire?
“Per fare una simile riforma bisogna studiare, non si fa in cinque minuti. Bisogna che ci sia la volontà politica del premier, dei vari ministri, metterli attorno a un tavolo con i dirigenti, fare le simulazioni concrete… Come ogni cosa che va a fare modifiche reali, incisive va studiata. Non può essere banalizzata o considerata alla stregua di un bonus che dura un anno. Si tratta di cambiare il modo di percepire le tasse mettendo al centro la composizione familiare e calcolando i figli non come un peso ma come un bene comune”.

Ma a livello governativo come sono i rapporti? Avete degli interlocutori credibili?
“Come si sa il governo è cambiato e in parte sono cambiati i riferimenti. Certo, la situazione italiana così fluida non facilita quello di cui stiamo parlando. Comunque col governo e i vari ministri i rapporti del Forum sono buoni. Il problema è far capire che il tema della famiglia, e collegato con esso quello della demografia, in Italia non è uno dei tanti temi ma è il tema. Tra poco non avremo più bambini. Si potrebbe pensare: E qual è il problema? E’ enorme, perché tra poco non ci sarà più welfare, non ci sarà più la sanità gratuita come la conosciamo, non ci saranno più le pensioni o quella funzione familiare di ammortizzatore sociale che permette di risolvere problemi senza che nessuno sul piano istituzionale faccia nulla. E’ una questione reale e molto seria. Per questo, pur avendo buoni rapporti, posso permettermi di dire che non mi sembra che ci sia la volontà politica di dare un segnale netto e chiaro in funzione familiare. C’è il desiderio di dare qualche risposta ma si ragiona per compartimenti stagni”.

Proposte concrete?
“Ne abbiamo fatta una che a breve ripeteremo in modo evidente: quella di sederci intorno a un tavolo con tutte le forze politiche e ragionare senza pregiudizi mentali sul fatto che l’Italia non cresce più. Oggi tutti i Paesi che crescono hanno un saldo positivo dal punto di vista demografico. Siamo convinti che o si fa adesso o andrà sempre peggio”.

Tra le emergenze c’è anche quella educativa. Il Papa parla spesso della colonizzazione del pensiero unico, dell’imposizione del gender. Che ne pensa?
“Il cardinale Bagnasco, presidente della Cei, ci ha citato come modello per il modo in cui cerchiamo di vivere all’interno delle scuole. Noi stiamo portando avanti il progetto ‘Immischiati a scuola’ che nasce da un’idea precisa. Ci sono tanti progetti nelle scuole che ci piacciono e altri che non ci piacciono affatto. Quando si parla di bambini che si devono travestire, ad esempio, chi di noi è favorevole? Nessuno. Ma abbiamo fatto un ragionamento: cosa si può fare? E’ utile raccogliere firme? O è più utile risvegliare, valorizzare e dare spazio a questo desiderio di partecipazione mostrato dai genitori? Mi sembra evidente che i genitori si stiano riattivando e partecipando con più consapevolezza anche sul piano dei temi educativi dei figli. Alla luce di questo abbiamo realizzato un format che sta girando l’Italia in cui chiediamo: e se dipendesse da te? Perché non mettersi in gioco? Vogliamo puntare sull’aspetto propositivo dei progetti. Basta giocare in difesa. Vogliamo genitori che stanno nelle scuole e propongono buone iniziative in grado di bloccare quelle negative. Per intenderci: ieri c’era la campagna per la diffusione dei profilattici con Lupo Alberto, oggi c’è il gender, e domani? I cattivi maestri non vanno in pensione. Come Forum vogliamo invece cercare di incanalare le energie positive, la voglia di darsi da fare dei genitori verso gli organi democratici e collegiali delle scuole. Solo così, siamo convinti, potremo contrastare progetti che non condividiamo. E non mi riferisco solo al gender ma anche ad iniziative altrettanto gravi. Faccio un esempio: alcuni anni fa la Regione Lazio ha pubblicato un bando da 6 milioni di euro per progetti nelle scuole. Ma nessuna associazione cattolica ha partecipato. Non per questo gli altri sono rimasti a guardare… Bisogna essere competenti, studiare, darsi da fare, solo così si può incidere”.

Ma c’è un’informazione sufficiente?
“E’ uno degli obiettivi di ‘Immischiati’. Abbiamo già 88 referenti in altrettante città, abbiamo già fatto 55 eventi in meno di un anno, con circa 500 rappresentanti di istituto coinvolti in tutta Italia. Diamo loro tutto il supporto necessario anche per proposte progettuali, per portare cose belle nelle scuole. Abbiamo messo in rete genitori che volevano impegnarsi e tramite il portale scuola.immischiati.it stiamo facendo arrivare agli interessati una sorta di catalogo dei migliori progetti che ci sono in Italia sul tema della persona umana nella sua interezza: ambiente, alimentazione, educazione all’affettività, migranti, bullismo e così via. Progetti in chiave positiva che possono essere riproposti nelle scuole”.

Altro tema caldo che riguarda la famiglia è quello del fine vita. Qual è la posizione del Forum sulla proposta di legge in discussione in Parlamento?
“Purtroppo è un tema affrontato sul piano economico: alla luce di quell’individualismo di cui Papa Francesco ha parlato più volte, una visione sempre più diffusa nella società, un anziano o un disabile sono visti come un costo. Fermo restando che sono contrario all’eutanasia, mi spaventa la legge sul fine vita perché tocca dei temi che dovrebbero essere approfonditi senza ideologie, confrontandosi in maniera seria e cercando di trovare una quadratura su una legge che da una parte consideri la dignità della persona dall’inizio alla fine naturale, dall’altra dia risposte a situazioni terminali estreme evitando ogni tipo di accanimento terapeutico. La legge così come è stata scritta non solo non è accettabile ma non è neppure emendabile perché al suo interno ha tutta una serie di contenuti non condivisibili, che creano problematiche di cui oggi non ci rendiamo conto ma che in fase di applicazione lasciano spazio a interpretazioni pericolose, con soluzioni drastiche nel momento in cui una persona sia considerata un peso o un costo. Se non ragioniamo in termini di dignità di persona umana ma solo di utilità o produttività, per assurdo non serve neanche una legge sull’eutanasia perché prima o poi tutti diventano un ‘peso’. Ma bisogna togliere dal dibattito ogni barriera ideologica”.