Turchia-Russia, patto per la Libia

Ankara si dice disposta, se necessario, ad incrementare gli aiuti al governo di Tripoli. La Libia, con la sua instabilità, è sempre più una questione fondamentale nella geopolitica del Mediterraneo. Intanto Roma, che sta tentando di mediare tra Serraj e Haftar e di recuperare il terreno perduto nel recente passato, insiste sulla soluzione diplomatica, nell'attesa che l'uomo forte della Cirenaica arrivi in Italia “nelle prossime settimane”, come annunciato dal capo della Farnesina, Luigi Di Maio, al rientro da una visita nel Paese africano. “La soluzione alla crisi libica può essere solo politica, non militare. Per questo motivo continuiamo a respingere qualsiasi tipo di interferenza, promuovendo invece un processo di stabilizzazione che sia inclusivo, intra-libico e che passi per le vie diplomatiche e il dialogo”, spiegano all'Agi fonti del ministero degli Esteri dopo la lettera di Serraj, mentre l'Unione Europea chiede a tutti gli attori della crisi in Libia di “evitare di alimentare le tensioni e aumentare le iniziative militari e di ridurre ogni azione che possa portare all'escalation e allo scontro militare”.

Partita internazionale

Preoccupata è anche la Russia, in pressing per riportare alla ragione Recep Tayyip Erdogan, che ha accusato “Egitto, Abu Dhabi, Francia e persino Italia di legittimare Haftar”. “Finché non sarà risolto il conflitto, un intervento militare esterno può solo portare a una complicazione della situazione”, ha affermato Mosca richiamando l'atenzione sulle conseguenze di una escalation: E come reagiranno i Paesi vicini? Ci sono anche delle risoluzioni, decisioni, l'embargo sulle armi. Ci sono, sottolinea l'Agi, molte questioni. E se per trovare aiuti Serraj li cerca anche in Cecenia ottenendo da Ramzan Kadyrov la “proposta di trasferire esperienze nella soluzione dei conflitti e nella lotta al terrorismo“, proprio a Mosca si rivolge con una velata minaccia il presidente turco, riferendosi ai mercenari di Mosca presenti sul terreno libico: “Sfortunatamente si tratta di un gruppo creato dalla Russia, ma che non ha la Russia tra i suoi membri, esattamente come sapete che gli Stati Uniti hanno agito in Afganistan, attraverso mercenari. Si tratta del gruppo Wagner, che agiscono come mercenari a sostegno dell'esercito di Haftar. La Turchia ovviamente non rimarrà in silenzio e faremo tutto quanto in nostro potere“.

Opportunità

Gli accordi siglati dalla Turchia con la Repubblica turca di Cipro settentrionale e la Libia sono “pienamente conformi al diritto internazionale, alle convenzioni delle Nazioni Unite e a esempi simili altrove”, ribadisce il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, per nulla intenzionato a fare marcia indietro: “Se rinunciamo ai processi avviati (con la Repubblica turca di Cipro settentrionale e la Libia) non ci lasceranno neppure una costa per nuotare”. E “se necessario, aumenteremo l'aspetto militare del nostro sostegno” al governo di accordo nazionale del premier libico, Fayez al-Serraj, assicura Erdogan, che poi aggiunge: “Coglieremo ogni tipo di opportunità, in terra, aria e mare”.  Negli ultimi giorni , riferisce Adnkronos, le forze libiche fedeli a Khalifa Haftar hanno annunciato di aver sequestrato al largo della città orientale di Derna un'imbarcazione battente bandiera di Grenada con a bordo un equipaggio di tre persone di cittadinanza turca. Poche ore prima il parlamento di Ankara aveva ratificato una mozione sull'approvazione dell'accordo di cooperazione militare e in materia di sicurezza tra Turchia e Libia e il vice presidente turco Fuat Oktay aveva ribadito che la Turchia è pronta a “fare il necessario” per il dispiegamento di truppe turche in Libia se ci sarà un'esplicita richiesta da parte del governo di Tripoli.

L'accordo firmato

Erdogan ha già firmato con Tripoli un accordo di delimitazione marittima che consente alla Turchia di far valere i diritti su vaste aree del Mediterraneo orientale, ambita da altri Paesi, in particolare la Grecia. A conferma che gli eventi si susseguono senza sosta, a Bengasi è arrivato nei giorni scorsi il capo della diplomazia greca, Nikos Dendias: una breve visita nel feudo del maresciallo Haftar per incontrare due esponenti delle autorità “parallele” nella Libia orientale, il governo ribelle e che è fedele ad Haftar. Direttamente in aeroporto, il ministro greco ha incontrato il premier del governo che sfida il Gna, Abdallah Al-Thini e il suo ministro degli Affari esteri, Abdulhadi Al-Houeij. In realtà l'accordo di cooperazione militare non autorizza la Turchia a inviare forze di combattimento in Libia ma consente alle parti di scambiare personale militare e di polizia per missioni di formazione e istruzione.

L'offensiva respinta

Per ottenere l'autorizzazione a schierare forze di combattimento in Libia, il governo turco deve avere dal Parlamento un mandato separato, come accade ogni anno per i soldati in Iraq e Siria. Ma siccome da mesi, le forze di Serraj respingono l'offensiva sulla capitale di Haftar (che è sostenuto da Russia, Egitto e Emirati Arabi Uniti), la posizione del presidente turco alimenta la preoccupazione che il conflitto libico stia cambiando volto, diventando una guerra per procura. Haftar già controlla la maggior parte delle strutture petrolifere libiche, ma anche zone dell'est e nel sud del Paese, e da mesi sta cercando di conquistare Tripoli. Le sue truppe, l'Esercito nazionale libico, accusano il governo di Serraj di essere sostenute da milizie di estremisti. Il fatto che da settembre in zona siano arrivati mercenari russi del gruppo Wagner, guidato da un uomo considerato molto vicino al presidente Vladimir Putin, complica ulteriormente gli sforzi internazionali per porre fine ai combattimenti. Erdogan sicuramente vuole evitare un confronto con la Russia in Libia, ma nei giorni scorsi ha ancora criticato le attività di Wagner. Secondo il Wall Street Journal, le autorità turche hanno contattato la Russia per capire in che modo evitare un potenziale scontro ed Erdogan parlerà di Libia con Putin quando lo ospiterà in Turchia l'8 gennaio prossimo.

La lotta all'immigrazione clandestina

Il quadro libico è vicino a una svolta, che non sembra lasciare spazi alle buone intenzioni della Conferenza di Berlino, la cui data non è ancora stata fissata, e mostra quanto le armi siano più veloci della diplomazia: Tripoli ha chiesto aiuto militare contro Haftar, Ankara si dice ancora una volta pronta a far partire i soldati, Bengasi avverte che colpirà chiunque voglia affiancarsi ai turchi, compresa l'Italia. È stato Al-Serraj a inviare lettere ai leader di cinque paesi, Stati Uniti, Regno Unito, Italia, Algeria e Turchia, chiedendo loro di “attivare gli accordi di cooperazione in materia di sicurezza per respingere l'aggressione contro Tripoli di tutti i gruppi armati che operano al di fuori della legittimità dello Stato, al fine di mantenere la pace sociale e raggiungere la stabilità in Libia”. Serraj, che non ha scritto alla Francia, spesso sostenitrice di Haftar, ha anche esortato i cinque Paesi a “cooperare e coordinarsi con il governo di riconciliazione nazionale nella lotta alle organizzazioni terroristiche“, comprese quelle jihadiste, per le quali “l'aggressione ha creato un'opportunità per tornare in Libia, dove le loro attività sono aumentate” da quando è cominciata l'offensiva. La lettera contiene anche un invito a intensificare la cooperazione nella lotta all'immigrazione clandestina e nella lotta alla criminalità organizzata e ai trafficanti di esseri umani. “Chiunque offrirà supporto alla Turchia in Libia verrà distrutto”, ha reagito Ahmed Al-Mesmari, portavoce dell'Esercito nazionale libico (Lna) guidato dal generale che lo scorso aprile ha lanciato un'offensiva per la conquista della capitale libica.