Trump perde anche al Senato

La Camera dei Rappresentanti è a maggioranza democratica e, quindi, niente di strano che la risoluzione per la dichiarazione dello stato di emergenza, fortemente voluta da Trump, non sia passata. Anche per via della presenza di una leader risoluta come Nancy Pelosi, battagliera da principio e per principio. Il problema è che il sentore che capitasse lo stesso al Senato era forte, nonostante la maggiore delle camere del Congresso vanti ancora una maggiore rappresentanza repubblicana: 59 voti a favore, 41 contro. Ovviamente contro la risoluzione che blocca lo stato di emergenza. Un k.o. politico per Donald Trump, costretto a fare i conti con ben 12 repubblicani che hanno votato come e assieme ai democratici.

Colpo duro

Ora, come annunciato già da tempo, succederà che il presidente degli Stati Uniti porrà il veto (sarebbe il primo della sua presidenza) e, assai probabilmente, la maggioranza di due terzi necessaria a respingerlo non sarà raggiunta. A ogni modo, la sconfitta al Senato è forse il colpo più duro per Trump, posto davanti a un voto avverso da parte di una buona schiera dei suoi, nonostante fosse stato chiaro su cosa sarebbe accaduto qualora avessero votato a suo sfavore: sarebbero passati dalla parte di Nancy Pelosi. Un ulteriore segnale, comunque, di come le sensazioni non fossero troppo positive per il secondo round di votazioni dopo il flop (quello sì annunciato) alla Camera.

 

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Veto che non copre

Tutto questo rende chiaro nuovamente che, almeno per volontà del Congresso, il muro al confine con il Messico non si farà. L'intento di Trump, infatti, era di ottenere 3,6 miliardi di dollari in più per la costruzione del muro, aggiungendo la somma alla legge di Bilancio proprio in virtù della dichiarazione dello stato di emergenza. Uno stratagemma che non aveva riscosso molto successo e che, numeri alla mano, continua a non riscuoterlo. Subito dopo la bocciatura del Senato, Trump si era affrettato a ribadire la linea che verrà adottata con un tweet, breve ma conciso: “Veto”. Una parola magica che non cancella però la sconfitta politica subita in casa.