Trump contro Rosenstein

Stavolta si fa pesnate l'aria attorno al vice-attorney general, Rod Rosenstein, finito al centro della bufera dopo l'indiscrezione del New York Times con la quale è stato rivelata la presunta intenzione del numero due di Sessions di applicare una cimice al presidente degli Stati Uniti per intercettare i suoi discorsi e trarre così informazioni utili all'indagine sul Russiagate, della quale Rosenstein è responsabile. Inevitabile perlomeno la contrarietà di Donald Trump che, durante un comizio in Missouri in vista delle elezioni di midterm, è tornato sulle rivelazioni del Nyt affermando che “bisogna sradicare il fetore persistente al Dipartimento della giustizia” e che “ci sono persone dannose di cui dobbiamo disfarci”. Non è un mistero che i rapporti del Tycoon con il dicastero siano tesi da tempo, considerando il mai perdonato rifiuto di Sessions nell'assumere il timone dell'inchiesta sulle presunte interferenze russe e il complicato rapporto con il suo vice, al quale una volta Trump chiese di confermare se effettivamente si sentisse parte della sua squadra, anche se non è mai stato chiarito a cosa il presidente si stesse riferendo.

I presunti intenti

Secondo quanto rivelato dal quotidiano statunitense, l'intenzione di Rosenstein (i fatti risalirebbero all'inizio del 2017, subito dopo il licenziamento di James Comey dal ruolo di direttore dell'Fbi) sarebbe stata sfruttare le informazioni ottenute dalla registrazione dei dialoghi di Trump durante i suoi colloqui alla Casa Bianca per favorire l'indagine di Mueller e anche l'applicazione del 25mo emendamento della Costituzione americana, con il quale un presidente può essere messo in discussione e, in caso, rimosso attraverso il voto della Camera per “manifesta incapacità” di assolvere ai suoi incarichi governativi. Accuse che Rosenstein ha rispedito al mittente, definendole infondate e miranti a destabilizzare il Dipartimento di giustizia ma che, al netto di ogni sviluppo, hanno assestato un duro colpo ai suoi già complicati rapporti con la presidenza degli Stati Uniti.

Seconda smentita

Cercando di sminuire l'ondata polemica lanciata dal Nyt, Rosenstein ha dichiarato che, oggi come oggi, non esiste nessuna possibilità per un'eventuale applicazione del 25mo emendamento e che, come sempre stato finora, l'intero staff amministrativo è schierato con convinzione dalla parte del presidente. A tal proposito, il vice-attorney ha provveduto a diramare la sua seconda smentita ufficiale in poche ore, affermando di non aver “mai cercato e mai autorizzato registrazioni del presidente ed ogni indicazione sul fatto che io abbia sostenuto la rimozione del presidente è assolutamente falsa”.