Trump, lo strano quesito a Rosenstein: “Sei nel mio team?”

Tra controversie e discorsi, dibattiti e sospetti, continua senza sosta l'indagine sul Russiagate nel tentativo di individuare e far emergere le eventuali collusione con l'ambiente russo da parte di alcuni funzionari dello staff dell'allora candidato repubblicano, Donald Trump, durante la campagna elettorale. E, nel valzer delle indiscrezioni filtrate fino a oggi, tante da contribuire alla pubblicazione di un volume come 'Fire and Fury', si inserisce l'ultima rivelazione della Cnn, la quale ha riferito di un ambiguo dialogo avvenuto fra il presidente e Rod Rosenstein, vice di Jeff Sessions. Al numero due del Dipartimento della Giustizia, Trump avrebbe richiesto informazioni sul proseguimento dell'indagine affidata a Mueller e chiedendo quale direzione queste stessero prendendo, rivolgendo poi una strana domanda al vice-attorney general: “Sei nel mio team?”.

Trump e Rosenstein

Una domanda probabilmente inaspettata alla quale, in modo imbarazzato, Rosenstein rispose “certo, siamo tutti nel suo team”. Un botta e risposta del tutto isolato sul quale, però, il procuratore speciale Mueller potrebbe voler vederci chiaro: da una parte perché, come spiegato ancha dalla Cnn, non è chiaro a cosa effettivamente Trump si stesse riferendo, un po' per il ruolo di sovrintendene alle indagini che Rosenstein ricopre. Non va dimenticato che, negli ultimi mesi, la figura del vice-attorney general era stata oggetto di discussione in quanto, come riportato da alcuni media statuitensi, proprio a Rosenstein avrebbe pensato Trump per sostituire lo stesso Sessions, incorso nell'ira presidenziale per non aver accettato di condurre l'indagine dopo il licenziamento di James Comey.

Il memo segreto

Nel frattempo, altri scenari si delineano all'orizzonte: nelle ultime ore, infatti, è trapelata la notizia secondo cui la Commissione d'Intelligence della Camera sarebbe in possesso di un memo nel quale si denuncerebbero i presunti abusi del Ministero della Giustizia e dell'Fbi nel monitoraggio del comitato elettorale del Tycoon per possibili contatti con rappresentanti della Russia. Un documento che i repubblicani della Commissione avrebbero già dichiarato divulgabile, nonostante la linea democratica sia più scettica, ritenendo il memo come un possibile strumento per destabilizzare l'indagine in corso, affidata a Mueller. Contrariamente al presidente, favoervole alla pubblicazione, si è mostrato scettico il capo dell'Fbi, Christopher Wray, il quale si è detto contrario facendo leva sulle “forti preoccupazioni legate alle omissioni materiali di fatti che impattano in modo fondamentale sull'accuratezza del memo”. Dichiarazioni che pare non siano piaciute al presidente e che il presidente della Commissione, Devin Nunes, ha definito “pretestuose” spiegando che gli organi in questione avrebbero utilizzato “informazioni non verificate in un documento giudiziario”. 

Flynn, slitta la sentenza

E' arrivata, più o meno nello stesso momento, la decisione del procuratore Mueller, in accordo con gli avvocati, di posticipare la sentenza per l'ex consigliere per la Sicurezza nazione, Michael Flynn. Era stato il primo a finire travolto dal Russiagate e, non più di qualche mese fa, aveva ammesso di aver mentito all'Fbi sui rapporti da lui intrattenuti con l'allora ambasciatore russo negli Stati Uniti, Sergej Kyslyak. A quanto pare, Flynn non sarebbe ancora pronto per la sentenza al momento attuale dell'inchiesta: in sostanza, l'ex consigliere potrebbe non aver collaborato in toto e, di conseguenza, potrebbe non aver rivelato la  sua versione per intero.