Siria: “La strage degli innocenti”

Ha colpito come un pugno nello stomaco la notizia dei 29 bimbi morti di freddo in Siria. Negli ultimi due mesi purtroppo un'ondata di gelo ha colpito il campo di sfollati di Al-huil – nel Nordest del Paese – provocando oltre alle decine di casi di ipotermia, anche il dilagare di malattie legate a problemi respiratori, quali polmoniti e infezioni virali. Inoltre, riporta l'Oms, il campo è sovraffollato perché sono arrivate nelle settimane scorse altre 23mila persone in fuga dalla città di Deir al-Zor, tristemente nota perché il 17 gennaio 2016 i militanti dell'Isis compirono una strage uccidendo almeno 300 civili, in maggioranza donne, bambini e anziani, tramite decapitazione. I nuovi profughi sono stati costretti a trascorrere diverse notti all'aria aperta senza tende, coperte o riscaldamento.”La situazione nel campo è drammatica. I bambini muoiono di freddo mentre le loro famiglie scappano per cercare salvezza”, aveva commentato Elizabeth Hoff, rappresentante Oms in Siria. 

Sulla situazione siriana, In Terris ha chisto un commento al Card. Mario Zenari, dal 2008 Nunzio Apostolico in Siria. Il cardinale ha alle spalle una lunga esperienza in terre segnate da guerre e conflitti: è infatti stato precedentemente Nunzio Apostolico in Costa d'Avorio e Niger (1999-2004); in Burkina Faso (1999-2004) e, prima della Siria, in Sri Lanka (2004-2008).

Cardinale, come si vive in Siria, e in particolare a Damasco – sede della nunziatura -, in questi ultimi mesi di guerra?
“Per la prima volta dopo 8 anni di guerra, le cose negli ultimi mesi stanno cambiando in meglio. Finalmente – qui a Damasco come altrove – le madri riescono a mandare i propri figli a scuola in sicurezza. E' il primo anno che accade; finora, i bambini per recarsi in aula rischiavano la vita e capitava non di rado che tornassero feriti o non tornassero affatto. Questo, in quelle città (come Damasco) dove alcune scuole sono rimaste operative. Ma la situazione è drammatica ovunque: scuole, ospedali, uffici, ma anche fabbriche e luoghi di lavoro sono chiusi un po' ovunque, come riportano anche le statistiche delle Nazioni Unite”.

Si combatte ancora nel Paese?
“Sì, purtroppo la guerra non è ancora finita ovunque. Permangono zone non sicure. A Idlib per esempio – una città della Siria nord-occidentale situata vicino al confine con la Turchia dove vivono 3 milioni di persone – si continua a sparare; si registrano inoltre scontri al nord e in alcune zone sotto controllo dei curdi a nord est. Ma nelle altre parti del Paese, per la prima volta dopo 8 anni, c'è maggior sicurezza”.

La maggioranza della popolazione è dunque al sicuro?
“No: ora il problema è un altro. Anche se non cadono più granate, per la maggior parte della popolazione il problema è la povertà, un “bomba sociale” di immani dimensioni. Secondo i rapporti delle Nazioni Unite, infatti, il 70% della popolazione siriana vive in estrema povertà. Questo lo vedo anche a Damasco: basta spostarsi un po' dalle zone degli uffici e andare in periferia per toccare con mano l'indigenza di molte famiglie”. 

Le città sono andate per molta parte distrutte…
“Sì: le bombe hanno distrutto quartieri e a volte anche interi villaggi. Prima della guerra abitavano in Siria 23 milioni di persone. Dopo 8 anni di guerra, la metà della popolazione – 12 milioni – vive fuori casa: 6,5 milioni di sfollati interni e 5 milioni e mezzo di rifugiati nei Paesi vicini. Una catastrofe umanitaria mai vista. A questo, si aggiungono il 54% degli ospedali non operativi e una scuola su 3 chiusa perché non agibile. Ma quello che ha segnato maggiormente la popolazione in questi ultimi tre mesi è stato il freddo. Abbiamo vissuto un inverno terribile, che ancora non è finito: temperature sotto zero, piogge torrenziali da novembre fino a gennaio, molte precipitazioni nevose. Il peso della neve ha fatto crollare molte tende nei campi profughi; intere famiglie si sono ritrovate nel fango a passare le notti all'addiaccio, nel gelo. Per tale motivo, tanti bambini sono morti per ipotermia.

Prima della guerra, la Siria era tra i paesi del Medio Oriente con il più alto numero di cristiani (l’8-10% circa), seconda solamente al Libano. Ora, la componente cristiana è probabilmente scesa intorno al 2 per cento 
“Sì. La Chiesa Cattolica è impegnata in prima persona nella guida spirituale dei cristiani che vivono in Siria e soprattutto sul piano assistenziale e umanitario grazie anche all'aiuto di organizzazioni internazionali cattoliche e non. Ma – per quanto si faccia – sono solo gocce in un oceano di necessità, di bisogni enormi. I media dovrebbero tenere ancora alta l'attenzione sulla Siria. La guerra sta finendo ma il popolo vive un disastro umanitario di immense proporzioni. A pagarne le spese, sono soprattutto donne e bambini. Per anni le città si sono svuotate di uomini partiti per andare a combattere. A Homs come ad Aleppo sono rimasti solo i più fragili: madri, figli, anziani. Le bombe, le granate, i crolli, le sparatorie, nonchè il freddo, le malattie e la malnutrizione, hanno decimato la popolazione civile. Per tale motivo questa guerra è stata soprattutto una strage degli innocenti. A pagarne il prezzo più alto sono stati proprio i bambini, morti sotto le macerie, o di fame; altri feriti o mutilati dalle granate; tantissimi rimasti orfani; tutti con traumi emotivi enormi. Faccio miei gli appelli del Santo Padre in favore della Siria, affinché non si spengano i riflettori, soprattutto sui più piccoli: i bambini, le prime vittime di questo immane conflitto”.