Sciamani per spegnere gli incendi in Siberia

Nei torbidi decenni della guerra fredda la cremlinologia era quasi una scienza esatta. Ogni volta che dalle segrete stanze del potere moscovita arrivavano notizie ufficiali era non solo lecito ma doveroso ricorrere alle più articolate dietrologie per cercare di scoprire la verità. Dal raffreddore di un dirigente del Partito Comunista sovietico alle dimensioni di un incidente, tutto diventava opinabile e finiva avvolto dalle nebbie della disinformazione di Stato. La cortina di ferro non c'è più ma in Russia la tendenza a mettere mano alla realtà dell'informazione non sembra essere passata di moda. Anzi si arricchisce di un nuovo capitolo: la reale estensione di un incendio. A suon di tamburo e canti tradizionali gli sciamani si uniscono ai soccorritori per spegnere gli incendi che stanno devastando la Siberia e l'Estremo Oriente russo, dove, secondo le autorità,  bruciano ancora 2,4 milioni di ettari di foreste. Ma l'associazione ecologista Greenpeace, riferisce l’Agi, contesta il bilancio ufficiale e sostiene che la superficie interessata dalle fiamme è in realtà ben superiore, 4,5 milioni di ettari. Un video postato su Telegram mostra leader spirituali in abiti tradizionali che camminano attorno ad un albero e suonano tamburi per chiedere l'intercessione di antichi spiriti siberiani nello spegnimento delle fiamme ma anche per la fine delle alluvioni in altre zone. È accaduto sull'isola di Olkhon, sul lago di Bajkal, nei pressi della Mongolia, nel cuore delle terre dello sciamanismo. In tutto, sottolinea l’Agi, una cinquantina di sciamani locali aiutati da colleghi giunti da Mongolia, Germania e Polonia hanno presentato offerte di cibo, come parte del rituale Tailagan praticato in quel territorio.

Focolai fuori controllo

“C'è un livello di energia davvero molto alto. Potete richiamare gli aerei che i ragazzi col tamburo stanno risolvendo tutto” si sono addirittura spinti a dire all'agenzia ufficiale Ria Novosti. Sui social molti utenti e osservatori si sono mostrati scettici sull'efficacia dell'intervento degli sciamani e intanto gli aerei antincendio continuano a versare tonnellate di acqua sui focolai ancora accesi, circa 410. Non è la prima volta che gli sciamani entrano nel merito di vicende di Stato: nei mesi scorsi alcuni di loro hanno sacrificato cinque cammelli per “rendere la Russia più potente” mentre un altro percorse 2 mila chilometri per “liberare la Russia dal presidente Putin”. Fatto è che le fiamme continuano ad ardere. Secondo il Servizio Federale di Protezione forestale dall'Aria, la superficie interessata è grande più o meno quanto la Macedonia e l'Albania e nell'ultima settimana le squadre di intervento sono riuscite a spegnere il fuoco in oltre un milione di ettari. Ma i dati di Greenpeace sono ben diversi: secondo l'ong, le operazioni sono in corso solo in 140 mila ettari e, dall'inizio dell'anno, gli incendi hanno interessato 13,4 milioni di ettari. Intanto le regioni di Krasnoyarsk e Irkutsk e le repubbliche di Yakutia e Buriatia hanno dichiarato lo stato di emergenza. E, evidenzia l’Agi, in una città come Boguchani, 11 mila abitanti, a un centinaio di chilometri dalla zona dei roghi e 600 km da Krasnoyarsk, una delle regioni più colpite, l'aria è irrespirabile. “Non riesci a respirare. Senti il fumo anche nell'appartamento. Una sensazione che non ti lascia”, ha raccontato Sveltana Tufliakova, un'abitante.

Aree remote

Nel 2015, il ministero dell'Ambiente russo ha emanato un decreto che consente di non intervenire sugli incendi situati in aree remote o scarsamente accessibili se il “costo stimato dell'intervento supera quello del danno stimato”. Quest'anno, ricostruisce l’Agi, gli incendi nella taiga russa, molto frequenti in estate, hanno raggiunto una portata insolita, tanto che il presidente, Vladimir Putin, ha ordinato l'intervento, ma in ritardo, dell'esercito a sostegno del ministero russo delle situazioni di emergenza. Secondo Greenpeace gli incendi possono scatenare “una crisi climatica” accelerando tra l'altro lo scioglimento dei ghiacciai artici. “Il fenomeno degli incendi nell'Artico è oggi fuori controllo, anche perché la situazione è stata a lungo ignorata. Vi ricorda qualcosa?- si chiede Raffaella Serini su Vanity Fair-. Quest’anno moltissimi di noi si sono appassionati alla serie televisiva Hbo Chernobyl. Guardandola, sia chi in quel terribile 1986 c’era, sia chi no, ne siamo rimasti scioccati, allibiti: com’è che di fronte a una tragedia simile (il più grave disastro nucleare della storia dell’atomo, e dell’uomo) nessuno facesse niente? Nessuno lanciasse un allarme, chiedesse aiuto? Nessuno intervenisse? Abbiamo visto passare sul piccolo schermo i secondi, i minuti, le ore. Con una lentezza estrema, estenuante”. E aggiunge: “Abbiamo contato i giorni, infiniti, mentre dentro la centrale e in Urss nessuno sapeva cosa fare (e nel dubbio quasi nulla faceva, nulla chiedeva, nulla diceva), là fuori la gente continuava a vivere, e a respirare. E noi attoniti, ancorché da “semplici spettatori”, ci siamo continuati a domandare: ma com’è (stato) possibile?” Ecco, “adesso lo sappiamo com’è che fu, come è stato possibile, com’è che si resta inermi di fronte a un disastro che incombe”. Siberia, estate 2019. I mesi di giugno e luglio più caldi della storia (tra quelli mai registrati) contribuiscono a mandare in fumo, letteralmente, milioni di ettari di boschi in uno dei Paesi più verdi del mondo, la Russia. Quattro milioni di ettari,  solo finora.

Fulmini e stoppe

Una superficie grande quanto la Lombardia e il Piemonte messe insieme, molto più del Belgio che ne misura 3. “È vero: non è la prima volta che si sviluppano incendi in queste zone nel periodo che va da maggio a ottobre, ma il fenomeno adesso è fuori controllo- osserva Serini-. I ricercatori hanno definito «senza precedenti» gli eventi di quest’anno, e a essere colpite sono anche la Groenlandia, il Canada e l’Alaska. Eppure. Eppure la situazione è stata a lungo ignorata, e in parte continua a esserlo. Come denuncia quotidianamente dalla sua pagina Facebook lo scrittore Nicolai Lillin, divenuto famoso anche da noi, con il libro Educazione Siberiana (sic!)”. A causa del cambiamento climatico, l’Artide si sta riscaldando a una velocità doppia rispetto al resto del pianeta. Nelle regioni andate a fuoco, le temperature sono state di 8 e 10 gradi più calde rispetto alle medie registrate tra il 1981 e il 2010. E anche questo ha fatto sì che il terreno si inaridisse ulteriormente e le stoppe andassero a fuoco scatenando gli incendi, provocati anche dai fulmini.