Russia 2018: c'è da temere un attentato?

L’inizio della 21esima edizione del Campionato mondiale di calcio in Russia non ha deluso le attese regalando brividi già nei primi giorni di rassegna iridata. Il riferimento, purtroppo, non riguarda soltanto le giocate dei campioni in campo, ma anche le puntuali minacce terroristiche pervenute tramite un video, l’autore del quale dovrebbe essere direttamente l’Isis. Il filmato, pubblicato dal tabloid inglese Daily Star, mostra un attacco-drone condotto contro lo stadio “Fišt” di Soči: i jihadisti promettono “un massacro come mai prima d’ora” per vendicarsi di Putin e del suo intervento militare in Siria. Il video, in tutta onestà, è molto lontano dall’eguagliare la perizia tecnico-cinematografica mostrata dai “registi” dello Stato Islamico fino a qualche anno fa, destando più di un dubbio sulla sua effettiva provenienza. Ciò, però, non ha fatto abbassare il livello di guardia dei servizi di sicurezza russi, i quali hanno già dispiegato, anche a detta di molti visitatori, delle misure imponenti per garantire la sicurezza di giocatori e tifosi. Il Direttore del Centro Operativo di Sicurezza per i Mondiali di calcio, nonché rappresentante dell’Fsb (erede del Kgb), Aleksej Lavriščev, ha tranquillizzato tifosi e visitatori in una apposita conferenza stampa dove ha fatto menzione all’esperienza dei servizi di sicurezza russi già maturata ed ammirata in occasione delle recenti manifestazioni ospitate in Russia, come le Olimpiadi di Soči del 2014 e la Confederations Cup dello scorso anno: “I cittadini rispettosi della legge non avranno nulla di cui preoccuparsi”.  Il video, molto probabilmente, sembra essere stato realizzato da un semplice simpatizzante delle idee estremiste propagandate dallo Stato Islamico, il che non tranquillizza minimamente coloro che stanno lavorando per contrastare ogni possibile minaccia.

Proprio questi ultimi elementi rappresentano i punti di forza e di debolezza della struttura implementata dai russi a difesa della manifestazione, per l’organizzazione della quale sono state stanziate ingenti risorse, nonostante il budget sia stato ridimensionato in seguito alla svalutazione del rublo e alle sanzioni economiche. I servizi di sicurezza russi non sono nuovi a scenari del genere: la politica di restaurazione dell’immagine del Paese varata da tempo dal presidente Putin ha incluso l’organizzazione di diversi eventi sportivi di rilievo mondiale, fino ad oggi impeccabilmente ospitati dalla Russia e sorvegliati nel minimo dettaglio dai siloviki (agenti speciali) dell’Fsb e dalle unità speciali antiterroristiche. Queste forze di intelligence convivono costantemente da prima del 1991 con il pericolo di possibili attentati, dal momento che la Russia (Stato federale e dall’essenza multietnica) annovera al suo interno etnie di fede musulmana, talvolta suscettibili all’estremizzazione (come nel caso delle due guerre di Cecenia condotte negli anni ’90 e degli attentati a Bezlan e al teatro Dubrovka di inizio anni 2000). Non a caso, proprio la Cecenia si è rivelata essere bacino esteso di foreign fighters per l’Isis in Siria, combattenti che ora potrebbero essere tornati in Patria con un’idea malsana: rovinare la festa ai russi in occasione di un evento di tale portata. Un attacco di grosse proporzioni, condotto magari con dei droni bomba verso gli stadi e le zone dedicate ai tifosi, sembra però essere escluso, date le misure di sicurezza già implementate per difendere lo spazio aereo. Quello che i servizi russi temono è l’atto sconsiderato di un singolo, di una “mina-vagante”, elemento che destabilizza da sempre qualsiasi apparato di sicurezza in una situazione dove uno squilibrato potrebbe nascondersi tra la folla e colpire inaspettatamente.

Giannicola Saldutti è ricercatore associato all’IsAG (Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie)