Rohani, prove di distensione

Continua a mantenersi elevata la tensione in Medio Oriente, dove gli Stati Uniti hanno intensificato lo spiegamento di forze militari, con l'annuncio del piazzamento di missili Patriot e l'invio della portaerei Uss Abraham Lincoln (con 40 cacciabombardieri) e dell'anfibia Arlington, con uomini e mezzi. Obiettivo, tenere sul filo la disputa con l'Iran sul nucleare, ormai fatta di toni minatori e affrontata nei contorni di una vera e propria crisi. L'annuncio del Pentagono che, dopo averli rimossi nemmeno un anno fa, ha già intenzione di ripiazzare le testate missilistiche nel Mar Rosso (probabilmente dove si trovavano in precedenza, tra Kuwait, Giordania e Barhain, quindi anche nel Golfo Persico), ha inevitabilmente provocato la piccata risposta del governo iraniano, già irritato dall'uscita degli Usa dall'accordo sul nucleare e da altre questioni aperte con gli americani, con il presidente Rohani che, alla mobilitazione americana, replica che “arrendersi alle pressioni degli Stati Uniti non è un'opzione per l'Iran”.

Apertura alle trattative

A ogni modo, il clima di tensione non sembra a un punto critico. Non ancora almeno, visto che lo stesso Rohani ha fatto sapere che “troveremo sicuramente delle soluzioni”, anche a fronte di una situazione definita “senza precedenti” dal momento che, secondo il premier, le sanzioni internazionali hanno portato il Paese a uno stato di crisi addirittura pegigore rispetto a quanto vissuto fra il 1980 e il 1988, ai tempi della guerra con il vicino Iraq: “Durante la guerra – ha detto Rohani – non abbiamo avuto problemi con le nostre banche, le vendite di petrolio, le importazioni e le esportazioni, e ci sono state solo sanzioni sugli acquisti di armi”. Ora, invece, “le pressioni dei nemici sono una guerra senza precedenti nella storia della nostra rivoluzione islamica… Ma io non dispero – ha concluso parlando agli attivisti iraniani – e ho una grande speranza per il futuro. Credo che possiamo superare queste difficili condizioni a condizione che restiamo uniti”.

Israele: “Rischio attivazione jihad”

Tra sanzioni e militarizzazione tra Mar Rosso e Golfo Persico, dunque, uno spiraglio di trattativa sembra esserci ancora, nonostante le notizie arrivate dal Pentagono abbiano creato inevitabilmente instabilità nella regione mediorientale. Il primo a esporsi sui rischi di un possibile conflitto Usa-Iran è stato Israele, secondo il quale se la tensione fra i due Paesi dovesse salire il Paese potrebbe subire un attacco diretto da parte di Teheran o dei suoi alleati. A parlarne è stato il ministro dell'Energia di Israele, Yuval Steinitz, secondo il quale la situazione si sta riscaldando: “Se ci sarà una sorta di scontro tra Iran e Usa, tra l'Iran e i suoi vicini, non escludo che Teheran possa attivare Hezbollah e la Jihad islamica a Gaza o anche che provino a lanciare missili dall'Iran su Israele”.