Rappresaglia post-golpe in Etiopia

Ha il volto di una donna l'ultimo arresto effettuato dalle autorità etiopi relativo al tentato golpe del mese scorso. Secondo fonti dell'emittente Bbc Amharic, si tratterebbe proprio della moglie del presunto autore del colpo di Stato. A riferiro sarebbe stata la stessa figlia della coppia, che ha riportato i dettagli del blitz degli agenti e di ripetuti controlli da parte della polizia stessa, incluso il sequestro di device tecnologici, documenti e persino un'automobili. Attualmente, fonti della polizia non hanno confermato l'arresto

Colpo di Stato

Nella notte intercorsa tra il 22 e il 23 giugno, nello Stato regionale degli Amhara una squadra d'assalto guidata dal capo delle forze di sicurezza, Asaminew Tsige, ha fatto irruzione in un edificio governativo press Bahir Dar, aprendo il fuoco e colpendo il governatore Ambachew Mekonnen ed il suo consigliere Ezez Wassie, in seguito morti a causa delle gravi ferite riportate. Negli scontri è rimasto ucciso anche il procuratore generale regionale, Migbaru Kebede. All'indomani dell'attacco, il premier del Paese, Abiy Ahmed, ha tenuto un discorso alla nazione, vestendo la divisa militare, annunciando che il golpe era stato sventato ed esigendo l'impegno di tutta la popolazione per contrastare le forze “malvagie” che ostacolano il Paese. Le Nazioni Unite, cercando di evitare il colpo di frusta delle violenze, hanno invitato il popolo etiope a mostrare moderazione e prevenire ulteriori rivednicazioni degli omicidi. Per il governo, si è trattata di un colpo di Stato architettato da forze interne allo stesso esecutivo: per questo, è stata inaugurata una campagna di “caccia ai complici”, con blitz e arresti trasversale. 

Una lacerazione etnica

Il presunto golpe ha riaperto una lacerazione, invero non ancora rimarginata nel Paese, e che contrappone il gruppo etnico degli Amhara, da cui provengono molti imperatori, e quello degli Oromo. In passato, entrambe le fazioni si sono schierate contro il governo, arrivando ad ottenere le dimissioni dell'ex presidente etiope, Hailemariam Desalegn. Eppure, per costoro il nuovo governo non ha fatto gli sforzi auspicati. L'esecutivo di Abiy, che è un Oromo, rompe non solo con la tradizione imperiale del passato, ma anche per le riforme approntate dell'aprile del 2018.  In particolare, il premier ha permesso ai vecchi dissidenti etiopi di ritornare, ha contrastato le violazioni dei diritti umani e varato riforme economiche per rilanciare il Paese. A sua firma è lo storico accordo di pace siglato con l'Eritrea, dopo decenni di conflitto. A lui va anche il merito di aver coinvolto diverse donne in posizioni di rilievo in seno al governo stesso. Ciononostante, diversi gruppi hanno chiesto maggiore autonomia dal centro e questo ha incrementato le tensioni inter-etniche. Il golpe di giungo ne è un segno lampante.

Arresti a catena

Ancora non sono noti i dettagli dell'arresto della consorte del presunto golpista. Quello che le autorità hanno, in questi giorni, confermato è l'arresto di circa 250 persone. L'obiettivo dell'esecutivo è chiaro: stanare ogni elemento di dissenso e continuare sulla via del dialgo per trovare una soluzione pacifica.