Popolari a un passo dalla Commissione

Giorni decisivi per l'Unione Europea. Si comincia domenica a mezzogiorno, quando il presidente del Parlamento Antonio Tajani e i presidenti dei gruppi parlamentari (la Conferenza dei Presidenti) si riuniranno con il presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, in vista dell'Euco (come viene chiamato, nel gergo comunitario, il vertice che riunisce i capi di Stato e di Governo) straordinario convocato per le 18 a Bruxelles, riferisce l’Adnkronos. I leader dell'Ue dovrebbero indicare un candidato alla presidenza della Commissione, e probabilmente anche il presidente del Consiglio Europeo. I lavori potrebbero andare avanti fino a tarda notte ed è già previsto che i leader possano vedersi anche a colazione lunedì primo luglio (circola anche un “worst case scenario”, con l'ipotesi che il vertice possa protrarsi per l'intera giornata di lunedì). Prima del Consiglio Europeo ci saranno i consueti prevertici: il Ppe, il primo partito della costituenda maggioranza nell'Europarlamento, si riunirà alle 16 di domenica all'Académie Royale de Belgique, a Bruxelles. Ci sarà anche il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi. Anche il Partito dei Socialisti Europei dovrebbe tenere il suo pre-summit, sempre nel pomeriggio di domenica, evidenzia l’Adnkronos.

Il braccio politico dell’Ue

La Commissione europea è il braccio esecutivo politicamente indipendente dell'Ue. È l'unico organo cui compete redigere le proposte di nuovi atti legislativi europei. Inoltre, attua le decisioni del Parlamento europeo e del Consiglio dell'Ue. La Commissione è l’unica istituzione dell’Ue a presentare al Parlamento europeo e al Consiglio disposizioni legislative da adottare e tutela gli interessi dell’Ue e dei suoi cittadini su questioni che non possono essere gestite efficacemente a livello nazionale. Si avvale, per gli aspetti tecnici, di esperti e dell’opinione pubblica. Gestisce le politiche e assegna i finanziamenti dell’Ue. Stabilisce le priorità di spesa dell’UE, unitamente al Consiglio e al Parlamento. Prepara i bilanci annuali da sottoporre all’approvazione del Parlamento e del Consiglio. Controlla come vengono usati i fondi, sotto l'attenta sorveglianza della Corte dei conti. Assicura il rispetto della legislazione dell'Ue. Insieme alla Corte di giustizia garantisce che il diritto dell’UE sia correttamente applicato in tutti i paesi membri. Rappresenta l'UE sulla scena internazionale. Fa da portavoce per tutti i paesi dell’UE presso gli organismi internazionali, in particolare nei settori della politica commerciale e degli aiuti umanitari. Negozia accordi internazionali per conto dell’Ue. La guida politica è esercitata da un gruppo di 28 commissari (uno per ciascun paese dell'UE) sotto la direzione del presidente della Commissione che assegna le diverse competenze politiche. Il collegio dei commissari è costituito dal presidente della Commissione, dai suoi sei vicepresidenti, inclusi il primo vicepresidente e l'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, e dai 21 commissari incaricati dei rispettivi portafogli. La gestione quotidiana delle attività della Commissione è svolta dal suo personale (giuristi, economisti, ecc.), organizzato in vari servizi noti come direzioni generali (DG), ciascuna responsabile di uno specifico settore politico. Il candidato presidente viene presentato dai leader nazionali nel Consiglio europeo, tenendo conto dei risultati delle elezioni del Parlamento europeo. Per essere eletto deve ottenere il sostegno della maggioranza dei membri del Parlamento europeo. Il candidato presidente sceglie i potenziali vicepresidenti e commissari sulla base dei suggerimenti dei paesi dell’UE. L’elenco dei candidati deve essere approvato dai leader nazionali nel Consiglio europeo. Ogni candidato compare dinanzi al Parlamento europeo per illustrare la propria visione politica e rispondere alle domande. Il Parlamento procede quindi ad approvare o meno, mediante votazione, i candidati in quanto gruppo. Infine, questi ultimi vengono nominati dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata. Il mandato della Commissione è scaduto il 31 ottobre 2019.

La corsa alla successione di Juncker

La Commissione si occupa della pianificazione strategica. Il presidente definisce l'indirizzo politico della Commissione, permettendo in tal modo ai commissari di decidere assieme gli obiettivi strategici e delineare il programma annuale di lavoro. Le decisioni vengono prese sulla base di una responsabilità collettiva. Tutti i commissari hanno lo stesso peso nel processo decisionale e sono ugualmente responsabili delle decisioni adottate. Essi non hanno alcun potere decisionale individuale, salvo quando autorizzato in determinate situazioni. I vicepresidenti agiscono a nome del presidente e coordinano i lavori nel loro settore di competenza in collaborazione con diversi commissari. Per contribuire a far sì che il collegio lavori in stretta collaborazione e in modo flessibile vengono definiti dei progetti prioritari. I commissari aiutano i vicepresidenti a presentare proposte al collegio. In generale, le decisioni sono adottate per consenso, ma possono anche aver luogo delle votazioni. In questo caso, le decisioni sono prese a maggioranza semplice e ogni commissario dispone di un voto. La direzione generale competente (diretta da un direttore generale responsabile di fronte al commissario competente) si fa quindi carico della questione. Di solito ciò avviene attraverso progetti di proposte legislative. Queste vengono poi ripresentate ai commissari affinché le adottino nella loro riunione settimanale, dopo di che diventano ufficiali e vengono trasmesse al Consiglio e al Parlamento per la fase successiva del processo legislativo europeo. La Commissione fornisce anche servizi di consulenza e informazione per aiutare i cittadini a svolgere un'attività imprenditoriale, studiare, spostarsi o lavorare in tutta Europa. E' presto per sapere come andrà a finire la corsa alla successione di Jean-Claude Juncker, ma in Parlamento circola una possibile via d'uscita dall'attuale impasse, un'opzione concreta alla quale si sta lavorando. La partita delle nomine è bloccata dalla questione degli Spitzenkandidaten, i candidati di punta dei partiti europei per la presidenza della Commissione, nessuno dei quali avrebbe la maggioranza nel Parlamento Europeo (il presidente della Commissione viene indicato dal Consiglio Europeo, ma deve ottenere la maggioranza nell'Aula), perché Socialisti e Liberali non intendono votare lo Spitzenkandidat del Ppe, il bavarese Manfred Weber, puntualizza l’Adknkronos. Per ritorsione i Popolari non intendono sostenere lo Spitzenkandidat dei Socialisti, l'olandese Frans Timmermans, né quella dei Liberali, la danese Margrethe Vestager (che è una “Spitzenkandidatin” de facto). E' chiaro, si ragiona, che se si facesse scoppiare in questo momento un conflitto interistituzionale tra il Consiglio Europeo e il Parlamento Europeo sugli Spitzenkandidaten, che capirebbe solo chi vive nella “bolla” bruxellese ma che risulterebbe incomprensibile alla grande maggioranza dei cittadini Ue, non si renderebbe un buon servizio alla causa europea, che già non sta passando uno dei suoi momenti migliori. Il principio del “candidato di punta”, che si è affermato, non senza fatica, nel 2014 con l'elezione di Jean-Claude Juncker, che era lo Spitzenkandidat del Ppe, potrebbe in qualche misura venire salvaguardato con una soluzione di compromesso, che consiste nel nominare presidente della Commissione un esponente del Ppe (che resta il primo partito dell'Emiciclo) diverso da Manfred Weber, in grado di agglutinare una maggioranza in Parlamento, accompagnato dalla nomina di quattro vicepresidenti: Manfred Weber, Margrethe Vestager, Frans Timmermans, cioè gli Spitzenkandidaten di Ppe, Liberali e Socialisti, più un vicepresidente dei Verdi, precisa l’Adnkronos. Quest'ultimo non potrebbe essere la “Spitzenkandidatin” Ska Keller, che è tedesca come Weber (ogni Stato membro ha un commissario), ma un Verde indicato da uno dei Paesi Ue in cui gli ecologisti sono al governo (Danimarca, Finlandia, Svezia e Lussemburgo). Questa ipotesi consentirebbe una via d'uscita elegante all'impasse che si è venuta a creare, in attesa di introdurre le liste transnazionali, che i partiti europei non hanno voluto ma che renderebbero gli Spitzenkandidaten una cosa più concreta, rendendoli votabili dagli elettori nei singoli Paesi. La Commissione Europea, comunque, a meno di sorprese, dovrebbe andare al Ppe, che resta il primo partito nell'Aula.

La frammentazione delle forze politiche

Altri nomi in lista sono Kristalina Georgieva, già vicepresidente della Commissione Europea e oggi alla Banca Mondiale, che è apprezzata a Bruxelles e che, oltretutto, è donna e di un Paese dell'Est, la Bulgaria, cosa che risolverebbe molti problemi in termini di equilibrio del “pacchetto” complessivo. C'è poi in lista il premier irlandese Leo Varadkar, del Fine Gael, partito europeista di centrodestra: dichiaratamente gay, di origine indiana, deve però occuparsi della Brexit, che si sta avvicinando a grandi passi. Un altro “papabile” nella lista del Ppe sarebbe il finlandese Alexander Stubb, che venne battuto nella corsa a diventare Spitzenkandidat del Ppe proprio da Manfred Weber; ci sarebbero poi il premier lettone Krisjanis Karins, del Ppe, e quello croato Andrej Plenkovic, sempre del Ppe. Sarebbe in corso un tentativo dei Socialisti di riproporre Frans Timmermans per il “top job”, ma non sembra destinato a grande fortuna. La nuova capogruppo dei Socialisti nel Parlamento Europeo, la spagnola Iratxe Garcìa Pérez, esorta “i leader nazionali a fare uno sforzo per trovare un compromesso, nello spirito dei Trattati Ue e della democrazia europea. Per il Parlamento Europeo, ricostruisce l’Adnkronos, è stato un grande risultato vedere riconosciuto il suo ruolo dal Trattato di Lisbona e dobbiamo preservare il legame tra la maggioranza nel Parlamento Europeo e il presidente dell'esecutivo europeo”. Il Consiglio Europeo potrebbe comunque trovarsi a dover votare sul presidente della Commissione. Il presidente Tusk è stato chiaro sul punto, e non si ritrarrà, se dovesse rendersi necessario, dal mettere ai voti il nome del candidato: generalmente il Consiglio Europeo predilige le decisioni consensuali, ma già Jean-Claude Juncker nel 2014 venne indicato con l'opposizione di Viktor Orban e di David Cameron. Perché un candidato passi al voto dei leader, occorre la maggioranza qualificata rafforzata, cioè almeno 21 Stati membri che rappresentino almeno il 65% della popolazione.

Il pacchetto delle nomine

Per formare una minoranza di blocco occorrono almeno 4 Stati, che rappresentino almeno il 35% della popolazione. Il Regno Unito potrebbe astenersi: l'astensione vale come voto contrario. Il “pacchetto” delle nomine Ue in qualche misura è un insieme in cui tutto si tiene: presidente della Commissione, presidente del Consiglio Europeo, Alto Rappresentante per gli Affari Esteri, presidente della Bce e presidente del Parlamento dovranno in qualche misura, nel complesso, avere un equilibrio interno partitico, geografico e di genere. Anche per questo la soluzione non è semplicissima da trovare, con un Parlamento Europeo più frammentato di quello uscente, dove Ppe e Socialisti non hanno più la maggioranza e devono quindi trattare con Liberali e Verdi. Qualche novità potrebbe arrivare da Osaka, in Giappone, dove sono presenti per il G20 diversi leader Ue, incluso il premier Giuseppe Conte, e il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk, che dovrebbe riuscire a tornare a Bruxelles domenica mattina con un volo notturno (il G20 termina domani), spiega l’Adnkronos. “Da Osaka – ha fatto sapere via Twitter Donald Tusk – continuo le mie consultazioni sulle nomine, anche con i leader Ue non presenti al G20. Solo ieri, ho parlato al telefono con 13 leader. Ci stiamo avvicinando ad una soluzione, ma siamo ancora troppo lontani per scendere nello specifico”. Una volta risolto il nodo della Commissione e del Consiglio, tutto si sposterà a Strasburgo, dove mercoledì si terranno l'elezione del presidente del Parlamento e dei vicepresidenti.