Media Usa: Trump e Salvini simili ma non cloni

Dopo il primo ministro ungherese Viktor Orban e il presidente polacco Andrzej Duda, adesso è il turno di Matteo Salvini. Questo, in estrema sintesi, è quello che emerge dalle letture che i media degli Stati Uniti stanno dando alla visita del ministro degli interni italiano a Washington. Secondo Charles Kupchan, ex membro del Consiglio di sicurezza nazionale di Obama per gli affari europei “l'amministrazione Trump sta chiaramente coltivando un gruppo di populisti” e non importa se non ci potrà essere un incontro ufficiale per questioni di protocollo, secondo l’analista ascoltato dal Washington Post, Salvini “si basa sul nazionalismo etnico di destra anti-immigrazione che l'amministrazione Trump usa a casa”.

Simili, ma non cloni

Secondo i media americani, il tradizionale rapporto che lega gli Usa al nostro paese andrà avanti, nonostante la simpatia che il leader della Lega ha per il presidente russo Vladimir Putin.  Il merito va al suo essere ambivalente: dopo l’exploit del suo partito alle ultime elezioni europee, Salvini ha caricato sui suoi canali social una foto di sé stesso in piedi di fronte a una libreria con un berretto da baseball con il motto di Trump “Make America Great Again“, e una fotografia del presidente russo Vladimir Putin. Un’ambiguità che, secondo gli analisti di Washington rischia di spaccare il fronte dei consiglieri del presidente Trump. Se da un lato Salvini condivide da tempo la linea di presidente degli Stati Uniti, come dimostra il viaggio che il leader milanese fece in Pennsylvania nel 2016, l’amore dei leghisti per la Russia di Putin inquieta diversi consiglieri. Una fonte anonima sentita dai giornalisti dal Washington Post conferma l’intenzione dei leghisti: “Questo viaggio è un modo per dimostrare che la Russia non è un azionista della Lega”, un riposizionamento che sposterebbe diplomaticamente l’Italia verso un atlantismo più ortodosso, almeno fino a quando Trump è alla Casa Bianca. Gli analisti sostengono che Salvini dovrebbe trovare un terreno fertile, ma potrebbe anche subire un respingimento da parte di alcuni funzionari dell'amministrazione Trump per le politiche italiane, inclusa la scelta di Roma di firmare l’accordo “Via della Seta” con la Cina.

L’analisi

Sulle colonne del Washington Post è intervenuto anche il presidente dell’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) Giampiero Massolo che ha sottolineato come le ambiguità di Salvini non siano considerate dal presidente Trump: “Il presidente americano sembra essere meno preoccupato delle alleanze permanenti rispetto ai suoi predecessori. Questi sono tempi di alleanze più occasionali e basate sugli interessi”, ha concluso il l'ex diplomatico.