Mandato d'arresto per Haftar

Un mandato d'arresto per il maresciallo Khalifa Haftar è stato emesso dal procuratore militare della Libia. Ne dà notizia in un tweet Libya Observer, senza precisare le accuse rivolte dal magistrato di Tripoli al generale le cui forze stanno conducendo l'offensiva contro la capitale.

Rottura con Parigi

Il ministero dell'Interno della Libia, riconosciuto a livello internazionale, ha, intanto, accusato la Francia di fomentare la guerra sostenendo Haftar e ha annunciato l'interruzione della cooperazione con Parigi. “Qualsiasi relazione con la parte francese nell'ambito degli accordi bilaterali nel campo della sicurezza si fermerà”, si legge nella dichiarazione.

L'accusa

Il premier del governo di unità nazionale, Faeyz al Serraj, ha definito Haftar un “criminale di guerra” per i raid compiuti su Tripoli. “Bombardare le aree residenziali è un crimine contro l'umanità: dimostra che Haftar è un criminale di guerra e sarà ricercato dalla giustizia a tutti i livelli”, ha tuonato Serraj nella zona semicentrale di Abu Slim, dove si è recato poco dopo la pioggia di missili. “Presenteremo alla Cpi la documentazione per classificarlo come tale. Il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha una responsabilità legale e umanitaria” e deve “perseguire” Haftar.  Da Bengasi invece le forze fedeli al maresciallo accusano i nemici di Tripoli, che in questa ricostruzione si sarebbero bombardati da soli per guadagnare il consenso dell'opinione pubblica internazionale. 

Rabbia in rete

Sui social media libici, intanto, è scoppiata la guerra delle fake news, che sembrano arrivare soprattutto dagli avversari di Tripoli. Oltre a improbabili ricostruzioni tecniche o militari sul bombardamento di Abu Slim, circolano ad esempio insistenti i fotomontaggi in cui i soldati dei Katiba, fedeli all'unico governo riconosciuto dall'Onu nel Paese, sono abbinati alla bandiera nera dell'Isis. Dinamiche che a Tripoli non sembrano aver fatto breccia, soprattutto a piazza dei Martiri, dove le lacrime dei parenti hanno accompagnato la preghiera di diverse decine di persone rimaste in silenzio davanti alle bare di alcune delle vittime. Poi è scoppiata la rabbia, gli slogan urlati contro il “criminale Haftar” e i suoi alleati e sostenitori stranieri come anche verso il Ciad, da cui sono partite nel corso dei mesi scorsi le milizie che hanno messo a ferro e fuoco il sud del Paese e che ora sarebbero state reclutate da Haftar – accusano a Tripoli – nella guerra contro il governo.  Per tutto il giorno le armi hanno taciuto sui fronti alla periferia della capitale. Ma il tramonto segna l'inizio di un'altra notte di apprensione in tutto l'ovest libico.