Londra si sgancia (per ora) dall'Erasmus

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Se la Brexit sarà un taglio in tutto e per tutto con quelli che furono i vecchi rapporti tra Regno Unito ed Europa lo dirà solo il tempo. La neo-presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, pronostica negoziati difficili e, indirettamente, un necessario periodo di studio a Brexit compiuta in tutto e per tutto. Nel frattempo, però, anche Londra ci mette del suo: il Parlamento britannico, infatti, piazza il colpo che non t'aspetti, andando a sganciarsi da un programma che, diciamolo, travalica i rigidi dettami di una separazione dall'Unione europea che, per carità, visti i tira e molla può a buon diritto avvenire sui più diversi temi ma non sulla cultura. Westminster, invece, con 344 voti a 254 (quindi con netta maggioranza) ha detto sì alla recessione della Gran Bretagna dal progetto Erasmus+, la piattaforma che consente agli studenti europei di partecipare al noto e proficuo interscambio culturale nelle maggiori università del Vecchio continente.

La polemica

In un certo senso c'era da aspettarselo visto che, con l'uscita dall'Unione, il premier Johnson ha di fatto disposto un programma di totale rinnovamento delle politiche di ingresso nel Paese rispetto a quelle valide fino a oggi, includendo quindi anche i soggiorni per motivi di studio sulla base di una sorta di modello australiano. Va da sé che, al netto di ogni pronostico, la notizia che un Erasmus a Londra, Glasgow o in altre importanti sedi universitarie del Regno Unito non sarà più possibile (perlomeno per ora e nei consueti termini), ha scatenato l'indignazione e la polemica di insegnanti e studenti, tutti concordi nel definire esagerata la politica britannica in merito ai progetti accademici comunitari. Anche le sedi istituzionali hanno accolto con una smorfia di contrarietà la decisione di Londra, di fatto il primo e non meno importante degli effetti che la Brexit porterà in dote alla nuova Europa. Per il presidente della Commissione per le politiche Ue della Camera, Sergio Battelli, “la Brexit ormai è nei fatti” e, posto il rispetto assoluto per la sovranità popolare espressa nel referendum del 2016, “oggi è davvero un giorno molto triste perché, se il progetto europeo in questi anni è cresciuto, se l'Unione, soprattutto tra le giovani generazioni, si è fatta concreta, lo si deve anche a iniziative come l'Erasmus”. C'è chi ci va giù anche più pesante, e non uno qualsiasi ma un'istituzione culturale britannica come Simon Schama che, addirittura, parla di una “decisione miserabile” e di “un furto alle generazioni future”.

Prossime discussioni

A ogni modo, Londra non si chiama del tutto fuori dal progetto ma, semplicemente, intende rinegoziarlo nell'ambito dell'ultimo step di trattative prima dell'addio definitivo. Il punto è che, mentre i deputati si affannano a spiegare che il Regno Unito dall'Erasmus non si sta chiamando fuori, quanto piuttosto autoescludendo provvisoriamente per riservarsi qualche vincolo in meno nel corso delle discussioni finali, resta da capire cosa succederà dopo il 2020, ovvero quando si esaurirà l'ultimo progetto di interscambio così come era conosciuto finora. La promessa è che si valuterà a tempo debito, con la speranza che si tenga in conto dell'essenzialità di un progetto che, per lunghi anni, è stato fra i più ambiti dagli studenti europei. La palla deve comunque passare dalla Camera dei Lord, dove l'approvazione appare comunque scontata. L'augurio è che se ne riparli davvero in fase di trattativa.