La Thailandia ha votato, risultato in bilico

Cinque anni dopo il golpe che sovvertì l'ordinamento del Paese, portando al potere la giunta militare del generale Chan-Ocha Prayut: la Thailandia torna al voto dopo un'attesa durata dal 2014, chiamando alle urne i cittadini per decretare chi, fra il partito Palang Pracharath Party (lo stesso della reggenza militare) e il Pheu thai (l'opposizione) salirà al governo del Paese. I seggi si sono chiusi alle 11 ore italiane e, secondo i primi exit-poll, in vantaggio sarebbe proprio il partito di Prayut: 31% contro il 29% del Pheu thai, staccando piuttosto nettamente il terzo partito in corsa, attestatosi attorno al 18%. Risultati che, al netto della parzialità, rendono assai probabile la necessità di un alleato per entrambe le forze di vertice per riuscire a ottenere una maggioranza.

Il voto

Numeri, quelli dell'opposizione, parzialmente inattesi dopo che l'attuale governo aveva operato alcune modifiche alla Costituzione, decretando di fatto l'esclusione del principale partito avversario e la possibilità di governare anche per lo sconfitto, visto che la legislazione non prevede l'elezione dei 250 membri del Senato. In sostanza, vista la scelta preventiva (approvata dal re) dei membri della camera in questione, al generale servirebbero solo 126 voti per aggiudicarsi la maggioranza assoluta al momento di votare il primo ministro (per il quale si esprimeranno deputati e senatori insieme). Al partito d'opposizione, guidato dalla candidata Sudarat Keyuraphan, servirebbe un largo (o larghissimo) consenso fra i deputati (perlomeno il 75%) per spuntarla (sempre considerando esclusi i 250 del Senato). Una sfida estremamente ardua anche per una politica navigata come l'ex leader del Thai Rak thai, vincitrice del confronto interno degli aspiranti candidati della coalizione.