La Casa Bianca: “Il Muro del Pianto è parte di Israele”

Alla vigilia della visita di Mike Pence in Medio Oriente, la Casa Bianca manda segnali per far sapere che vede il Muro occidentale di Gerusalemme (il Muro del pianto) come parte di Israele. Nonostante, spiegano all'Ap fonti interne a Pennsylvania, i confini definitivi della città santa debbano essere stabiliti dai negoziati israelo-palestinesi, dall'amministrazione Trump viene escluso qualsiasi scenario che non mantenga il controllo di Tel Aviv sui luoghi sacri dell'ebraismo.

Questione delicata

La questione è delicata perché il Muro del Pianto era oltre i confini di Israele prima del 1967 ed è a ridosso di alcuni dei più venerati siti sacri islamici del mondo. “Non possiamo immaginare alcuna situazione in cui il Muro occidentale non sarà parte di Israele. Ma, come ha detto il presidente, i confini specifici della sovranità di Israele faranno parte dell'accordo finale sullo status“, ha osservato un alto dirigente dell'amministrazione. “Non possiamo immaginare che Israele firmi un accordo di pace che non includa il Muro occidentale”, ha aggiunto un altro dirigente. Dichiarazioni che rischiano di infiammare ulteriormente le proteste dei palestinesi e di altri credenti islamici dopo che Trump ha riconosciuto Gerusalemme come capitale di Israele.

Scontri

La tensione, a dieci giorni dall'annuncio, è alta. Scontri si sono registrati nella giornata di ieri in molti luoghi della Cisgiordania e nella Striscia, ma anche manifestazioni in Israele. A Gaza, quasi un milione di persone chiamate da tutte le fazioni palestinesi si sono radunate invocando il proseguimento delle proteste per ogni venerdì. Sulla Spianata delle Moschee di Gerusalemme dopo la preghiera si è svolta una manifestazione contro Trump alla quale hanno partecipato, secondo le autorità islamiche del luogo, circa 30 mila persone. Se la maggior parte di queste ha lasciato con calma il posto, piccoli incidenti si sono poi verificati alla Porta di Damasco. La polizia israeliana e le forze di sicurezza – dopo gli appelli dei giorni scorsi da parte palestinese – hanno rafforzato la presenza in tutte le zone di attrito ma non hanno ristretto l'accesso alla Spianata ai fedeli musulmani, così come invece era accaduto in passato.

Vittime

Gli scontri si sono svolti a Gaza, Betlemme, Hebron, Nablus, Jenin, Tulkarm, Qalqiliya e vicino a Ramallah, nella strada tra Bet El e Gerusalemme. In quest'ultimo luogo Mohammed Amin (18 anni, di un villaggio nei pressi di Hebron), ha accoltellato in maniera non grave un poliziotto israeliano durante gli scontri. Colpito e “neutralizzato” dagli spari di reazione degli altri agenti, “il terrorista – ha detto il portavoce della polizia Micky Rosenfeld – è stato avvicinato dai poliziotti, che hanno trovato sul suo corpo una cintura esplosiva. Questo – ha aggiunto – ha portato ad un'altra sparatoria per timore che il terrorista potesse farla detonare”. La polizia ha anche aggiunto di avere il sospetto che si sia “travestito da giornalista”. Portato via in ospedale da un'ambulanza della Mezzaluna Rossa, il palestinese è morto in ospedale per le ferite, come ha fatto sapere il ministero della Sanità locale.

Il secondo palestinese, identificato in Bassel Mustafa Mohammed Ibrahim (29 anni), è stato ucciso, secondo la stessa fonte, per le ferite riportate al petto durante violenti scontri, con sassaiole e molotov, con l'esercito israeliano. A Gaza gli altri due morti, uccisi entrambi quando, dopo la manifestazione, centinaia di dimostranti si sono diretti alla barriera di protezione con Israele tirando sassi. I due, raggiunti secondo il ministero della Sanità locale dai colpi dell'esercito israeliano, sono Yasser Sukar (23 anni) e Ibraheem Abu Thuraya (29): quest'ultimo aveva entrambe le gambe amputate. Molti anche i feriti: secondo la stessa fonte, circa 135.