Kosovo, l'ambasciatrice in Italia: “Più pressione sulla Serbia”

Venti anni fa, il 12 giugno 1999, l’ingresso dei militari della Nato in Kosovo e il ritiro delle truppe serbe di Milosevic, dopo settimane di bombardamenti su Belgrado. Per celebrare la liberazione del Paese, l’ambasciata della Repubblica del Kosovo in Italia ha premiato “personalità italiane per il contributo e il sostegno dato al Kosovo nel percorso verso la libertà”. Premiato anche il programma della Radio Vaticana “Speciale Balcani, in onda nel 1999 durante la guerra a sostegno della Chiesa locale e dei profughi in collaborazione con Caritas Albania, la Cooperazione, l’Esercito e l’aeronautica militare italiana. La cerimonia si è tenuta a Roma presso il Centro Studi Americani alla presenza dell’ambasciatrice del Kosovo, Signora Alma Lama

Cosa rappresentano i vent'anni dalla liberazione del Paese? 
“Senza dubbio questa è la data più importante nella storia del nostro popolo. Venti anni fa, per la prima volta, il Kosovo è stato liberato dalla Serbia, senza dimenticare che nei secoli passati era sotto il giogo dell'Impero Ottomano. Grazie all'intervento umanitario dei Paesi Nato, i Paesi democratici hanno portato la libertà e poi aiutato il Kosovo nel percorso di indipendenza e riconoscimento internazionale. Stiamo affrontando diverse sfide ma con l'aiuto della comunità internazionale queste sfide saranno superate. Per noi oggi è senza dubbio un giorno di ringraziamento, non solo degli Stati che hanno liberato il Paese ma anche dei loro cittadini che hanno aiutato la causa del Kosovo. Perché hanno fatto conoscere la repressione attuata dalla Serbia di Slobodan Milosevic”.

Come è cambiato il Kosovo in questi due decenni?
“E' cambiato molto rispetto a venti anni fa. A dieci anni dal termine delle guerra è stata dichiarata l'indipendenza. Oggi, seppure con i suoi problemi, è un Paese normale. E' chiaro che alcune criticità siano conseguenze della guerra. Restano dei problemi con la Serbia che ci toglie energia sotto il profilo politico-istituzionale, energia che vorremmo spendere nello sviluppo economico e nel completo riconoscimento internazionale. Non facciamo parte delle Nazioni Unite perché il Consiglio di Sicurezza ha bloccato la nostra adesione. Ne consegue che non siamo membri in tantissime Organizzazioni Internazionali. Ciò genera un riconoscimento a metà. Si nota che la Russia, insieme alla Serbia, stia cercando di usare il caso del Kosovo nel modo peggiore possibile per i loro interessi. Dunque restano delle sfide, ma dai Paesi dell'Unione Europea ci aspettiamo più pressione nei confronti della Serbia. In modo tale che il conflitto nella nostra regione venga risolto una volta per tutte. Noi siamo costruttivi, abbiamo partecipato al dialogo con la Serbia, e non è stato facile, perché migliaia di persone sono state uccise. Belgrado non rispetta gli accordi che abbiamo sottoscritto”. 

I kosovari che hanno partecipato al conflitto del 1999 sono tornati nelle loro case?
“Sì. Il nostro è stato un caso particolare che ci ha sorpreso, infatti è tornato a casa quasi il 100% delle persone fuggite per la guerra”.