Israele, Netanyahu si arrende: scatta l'ora di Gantz

Getta la spugna Benyamin Netanyahu: il premier israeliano rinuncia a formare un governo, dopo aver mancato la maggioranza assoluta alle recenti elezioni, lasciando campo libero al rivale e quasi ominimo Binyamin “Benny” Gantz, leader del Blu e Bianco. Il presidente Reuven Rivlin, come riportato da Time of Israel, ha infatti fatto sapere che, a breve, metterà le redini dell'esecutivo nelle mani dell'ex capo di Stato maggiore delle Forze armate che, ora, avrà 72 ore di tempo per accettare. Dopo di che, la partita della formazione di governo dovrà risolversi entro 28 giorni. Una decisione sofferta ma, a conti fatti, quasi inevitabile per il premier più longevo di Israele, per due volte in sei mesi costretto a fare i conti con un voto non in grado di consegnargli la maggioranza in Parlamento e, quindi, la possibilità di attuare le riforme promesse, prima fra tutte l'annessione della Valle del Giordano, ovvero la parte più consistente della Cisgiordania, sotto la giurisdizione israeliana.

La situazione

Uno smacco anche per il Likud, arrivato peraltro nel giorno del 70esimo compleanno del quasi ex leader: “Ho sempre lavorato da quando ha ricevuto il mandato, senza sosta – ha detto Netanyahu in un video su Facebook – per stabilire un largo governo di unità nazionale. Questo è quello che il popolo vuole… Ma non sono riusciti gli sforzi per portare Benny Gantz al tavolo negoziale e prevenire un altra elezione”. Secondo il premier uscente, il partito di Gantz avrebbe sempre rifiutato il confronto, vanificando così i tentativi di dare al Paese una maggioranza (pur se poco omogenea) in grado di approntare le riforme messe in programma da prima delle elezioni. Il mandato ricevuto il 25 settembre scorso, però, non è stato sufficiente a Netanyahu per centrare il difficile obiettivo di convincere il Blu e Bianco, con l'ultimo rifiuto ufficiale datato 20 settembre, quando l'ex militare aveva detto “no” all'ipotesi di formare una coalizione. A Gantz verrà ora concessa l'importante opportunità di formare il nuovo esecutivo, forte dei 33 seggi ottenuti alle votazioni del mese scorso (due in più del Likud). Qualora non vi riuscisse, potrà farsi avanti qualsiasi politico sostenuto da almeno 61 parlamentari. Nel caso più estremo, ovvero che non si riuscisse ad avere un governo, si voterebbe di nuovo. Per la terza volta in un solo anno.