Incendi in Amazzonia, Bolsonaro rifiuta gli aiuti del G7

Amazzonia

Il capo dello Stato del Brasile Jair Bolsonaro ha rifiutato con un secco 'no' gli aiuti economici che erano stati decisi ai tavoli del G7 di Biarritz per la lotta agli incendi che dal 10 agosto stanno devastando la foresta amazzonica e per il rimboschimento a medio termine. Il 27 agosto il Canada ha offerto allo stato carioca e alla Bolivia, anche la sua parte di foresta è stata colpita dagli incendi, 15 milioni di dollari di aiuti e dei bombardieri d'acqua. Il presidente sudamericano e i suoi collaboratori continuano a polemizzare con i leader europei, in particolare il presidente francese Emanuel Macron accusandolo di trame imperialistiche. Bolsonaro gli oppone un accordo tra i paesi compresi interessati dalla gigantesca foresta pluviale, con cui ci saranno degli incontri bilaterali questa settimana in Perù, evocando la propria sovranità e libertà. Ma arriva una grossa smentita delle accuse rivolte dal presidente brasiliano alle organizzazioni non governative, che gli addossavano la resposanbilità indiretta degli incendi dovuti alla troppa libertà lasciata ad allevatori coltivatori e imprenditori, di essere dietro i roghi in Amazzonia. È stata aperta un'inchiesta sull'origine dolosa degli incendi, forse organizzata su una chat Whatsapp per lo scorso 10 agosto. 

Le polemiche

Mentre le fiamme divampano distruggendo il polmone verde del Pianeta, una pioggerelllina di milioni -17,9 – avrebbe potuto riversarsi sul Brasile ma Bolsonaro dice no senza nemmeno ringraziare, anzi attacca frontalmente. “Non possiamo accettare che il presidente Macron mascheri le sue intenzioni dietro un'alleanza del G7 per “salvare” l'Amazzonia, come se fossimo una colonia”.

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A dar supporto al leader sudamericano, il suo capo di gabinetto Onyx Lorenzoni che su un post in un blog ha accusato la Francia di pratiche imperialiste e invitato il capo di Stato transalpino a preoccuparsi per l'incendio di Notre Dame a Parigi. Bolsonaro, ha pure parlato di un piano comune tra i paesi sudamericani dove si estende la foresta amazzonica “con garanzie per la nostra sovranità e le nostre ricchezze naturali”. Durante lo scorso finesettimana il Brasile ha ricevuto la solidarietà dell'Ecuador, del Cile, dell'Argentina e della Spagna mentre in questi giorni sono previsti degli incontri bilaterali in Perù. I rapporti di Bolsonaro con gli europei continuano a non fiorire, perché il leader brasiliano vede dietro le loro iniziative dei tentativi di influenzarlo. Nei giorni scorsi le sue parole hanno infatti convinto a fare una convinta inversione a u sia alla  Norvegia sia alla Germania che avevano deciso di stanziare una sessantina abbondante di milioni di euro per spegnere gli incendi. Se i soldi invece arrivano dai privati, nessuno alza la voce. Dall'associazione Earth Alliance, fondata dall'attore americano e star di Hollywood Leonardo DiCaprio, ecco cinque milioni di euro per le comunità indigene locali e per chi tutela l'infinita biodiversità della zona. Da parte del colosso francese del lusso, Lmvh, una donazione da 10 milioni di dollari. Il ministro dell'Ambiente brasiliano Ricardo Sales fa sapere che quegli aiutati avrebbero fatto molto bene vista la situazione emergenziale, ma Bolsonaro non è dello stesso avviso anzi continua a sostenere che gli incendi non siano al di sopra della media. Pur di non sentire pareri discordanti, il capo dello Stato più grande dell'America del Sud aveva licenziato il direttore dell'Istituto nazionale di ricerche spaziali del Brasile, il fisico e ingegnere 71enne Ricardo Galvao, che monitora la deforestazione. Le considerazioni di Galvao sul drammatico aumento delle attività del disboscamento nei mesi precedenti luglio 2019 avevano subito scatenato la reazione di Bolsonaro. Secondo Greepneace, tra gennaio e agosto 2019 c'è stato un aumento eccezionale degli incendi in Amazzonia, +145% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, i 75% dei focolai si è sviluppato in aree che fino al 2017 erano coperte di boschi e in seguito sono state deforestate per fare spazio ai pascoli di bestiame e alle coltivazioni di prodotti per il mangime, tra cui la soia. Nei solo giorni tra il 16 e il 22 agosto sono divampati 6.295 roghi, il 19% in aree naturali protette, il 6% delle quali appartengono alle tribù indigene.

“Il giorno di fuoco”

Mentre il ministro della Difesa Fernando Azevedo sabato scorso mobilitava 44mila militari per spegnere gli incendi e il titolare del dicastero della Giustizia Sergio Moro autorizzava la polizia militare ad offrire la sua collaborazione, e in attesa dell'aeronave promessa dal presidente israeliano Benjamin Netanyahu, è stata aperte un'inchiesta sulla possibile origine dolosa delle fiamme. L'ipotesi degli investigatori è che esista un gruppo Whatsapp con una settantina di iscritti che avrebbe fissato per il 10 agosto “il giorno del fuoco” e si sarebbero dati appuntamento per appiccare le fiamme. Le indagini sono partite dopo la pubblicazione del reportage-denuncia di Globo Rural, un giornale a tematica agricola appartentente al gruppo editoriale Globo. Nell'articolo si punta il dito contro gli imprenditori, i produttori e i sindacalisti agricoli. Sarebbero stati loro a organizzare “il giorno del fuoco” e a dare alle fiamme alcuni terreni lungo un'autostrada che taglia il paese perpendicolarmente. Il presidente Bolsonaro ha un approccio più lassista sui controlli legati allo sfruttamento dei terreni agricoli, soprattutto quelli molto ambiti d Cachoeira da Serra che si trovano lungo i collegamenti tra i porti fluviali del Rio Tapajos e il Mato Grosso, e secongo Globo Rural “il giorno del fuoco” sarebbe stato un gesto di apprezzamento nei confronti delle politiche del presidente brasiliano.

Mappa e Parmitano

Lunerdì 26 agosto con un tweet l'astronauta italiano Luca Parmitano ha mostrato ai terrestri cosa si vede dallo spazio, se si guarda verso il cuore del Sud America. “Il fumo, visibile per migliaia di chilometri, di decine e decine di incendi dolosi”, descrive così il comandante della Stazione spaziale internazionale (Iss).

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Una coltre di grigio copre 5,5 milioni di chilometri quadrati di foresta pluviale, uno degli ecosistemi più ricchi del mondo con tre milioni di specie di animali e piante che non si trovano altrove ed è abitato da 500 tribù indigene, sparse su un territorio che attraversa tanti confini. Quelli brasiliani, venezuelani, cileni, peruviani, boliviani, colombia, del Suriname, della Guyana e dalla Guyana francese. Soprattutto uno dei principali polmoni della Terra, perché assorde grandi quantità di C02 e rilascia nell'atmosfera una tale quantità di vapore acqueo da determinare le piogge in tutti i cieli del mondo. L'agenzia governativa responsabile del programma spaziale degli Stati Uniti, la Nasa, ha pubblicato una mappa animata sulla liberazione di monossido di carbonio dovuta ai roghi. Le immagini satellitari registrate dall'Atmospheric Infrared Sound (Airs) dal satellite Aqua mostrano come la nube di fumo sprigionato dagli incendi si propaga nell'atmosfera fino a 5.500 metri di quota, con concentrazioni di elementi fino a 160 parti per miliardo. “Il monossido è un gas inquinante che viene trasportato dai venti e può restare nell'atmosfera anche un mese”, hanno detto gli esperti. Ben più preoccupante è l'allarme lanciato dal climatologo brasiliano Carlos Nobre, che spinge affinché si intervenga rapidamente per domare le fiamme in Amazzonia. Secondo lo studioso manca poco al punto di non ritorno per la foresta. Se il fuoco ne divorerà anche 'solo” il 20/25%, quell'area da boschiva sarà occupata da una brulla savana. E ci stiamo avvicinando già al 15-17% di foresta distrutta, sottolinea Nobre.