Il “fantasma” di al Baghdadi incita alla jihad

Avolte ritornano. E, in un certo senso, come nel racconto di Stephen King, questo “fantasma” torna dall'oltretomba per terrorizzare il Medio Oriente e, soprattutto, l'Occidente. Si tratta di Abu Bakr al Baghdadi, il temuto leader dello Stato Islamico, dato per morto, per l'ennesima volta, appena nel luglio scorso. 

La voce del Califfo

Al Furqan, la sezione media del califfato, ha infatti realizzato e diffuso un audio della durata di ben 54 minuti, affermando che si tratti di un messaggio (il cui titolo è “Buone notizie per i pazienti”9 per i mujaheddin ovvero i “sacri combattenti islamici”, da parte del Califfo in persona. E' il primo audio di questo genere dal settembre 2017. Tuttavia, l'autenticità del messaggio non può essere confermata. Il contenuto non è diverso da quelli precedenti: il presunto al Baghdadi incita i suoi seguaci a continuare la guerra santa, la jihad, sostenendo che “la vittoria per i credenti non si misura sul campo. Non si misura sulle città conquistate o perse, non si misura sulla potenza delle armi”. 

Temi d'attualità

L'aspetto più significativo dell'audio, tuttavia, rimane nei temi che il Califfo, sul quale gli americani hanno posto una taglia di 25 milioni di dollari, tratta. Al Baghdadi, infatti, parla diffusamente di eventi di attualità, come le divergenze tra Stati Uniti e Turchia, in particolare riguardo al pastore evangelico Andrew Craig Brunson. Una tattica, secondo alcuni analisti, per smentire ancora una volta le notizie che lo danno per morto o per gravemente ferito, o paralizzato. Del resto, l'annuncio della morte del capo supremo dell'Isis è stato diffuso a più riprese nel corso degli ultimi anni, e di fatto hanno contribuito a renderlo una vera e propria “figura leggendaria”. 

Una vita misteriosa

Non va dimenticato che l'ultima immagine verificata che si ha di al Baghdadi risale a quattro anni fa, quando il Califfo proclamò la nascita dello Stato Islamico dalla moschea Al Nouri di Mosul. Anche della sua vita si sa poco, se non che è nato da una famiglia sunnita nel 1971 a Samarra, città simbolo dello sciismo, ed è cresciuto a Baghdad. Nel 2003, durante l'invasione anglo-americana dell'Iraq, il futuro Califfo, allora trentaduenne, forma un gruppuscolo armato e si unisce alle formazioni jihadiste. Nel 2005 finisce nelle mani dei soldati americani e passa quattro anni in una prigione nel sud di Baghdad, per venire poi rilasciato. Quando il 18 aprile del 2010 l'allora capo dello Stato islamico dell'Iraq, Abu Omar al Baghdadi, viene ucciso, i vertici della piattaforma nominano responsabile del gruppo Abu Bakr, da poco tornato in libertà. Un mese dopo, il 16 maggio, è proprio il nuovo leader ad annunciare la sua alleanza con al Qaida, guidata da Ayman al Zawahiri. 

La ritirata

Poco dopo Al Baghdadi comincia a sfidare l'autorità del medico egiziano, successore di Osama bin Laden (ucciso nel 2011) e rintanato sulle montagne tra Pakistan e Afghanistan. E, con l'inasprirsi della guerra siriana nel 2013 e con il ritiro di gran parte delle truppe governative di Damasco dal nord e dall'est siriano, gli uomini del Califfo risalgono facilmente l'Eufrate prendendo Raqqa senza colpo ferire. La stessa cosa accadde a distanza di poco tempo con Mosul, la seconda citta' dell'Iraq, caduta nel giugno 2014. Ma il vento di guerra cambia: le forze della coalizione hanno riconquistato una dopo l'altra le città che erano sotto il controllo del sanguinario Stato Islamico: prima Mosul, nel luglio dello scorso anno, poi, ad ottobre, Raqqa, la “capitale”. Di battaglia in battaglia, di al Baghadi e del suo 'fantasma' non si è saputo più nulla. O almeno fino ad oggi.