I monsoni devastano l'Asia meridionale

Una natura matrigna quella che, in queste ore, sta falcidiando l'Asia Meridionale. Si calcolano almeno 100 vittime tra l'India e il Nepal, mentre sono oltre sei milioni quelli coivolti nelle inondazioni iniziate nella stagione di monsoni. Da questa mattina (ora italiana) le piogge sono cessate in Nepal, ma il disastro è lungi dall'essere scongiurato: nei prossimi giorni sono, infatti, previste violente precipitazioni in India, Bangladesh e Pakistan.

Un bilancio in crescita

Il bilancio più tragico è stato registrato in Nepal, con almeno 78 morti, secondo quanto riferito da fonti ufficiali. Solo nelle regioni di Bihar ed Assam, si sono registrati 29 decessi. Lo scenario tracciato dalle fonti, che mano a mano si aggiornano, ha contorni che si incupiscono ora dopo ora: su un totale di oltre sei milioni di persone colpite direttamente dal fenomeno, si registrano 28 morti in Pakistan 16 in Bangladesh. Le agenzie federali e statali stanno lavorando senza sosta per evacuare quelli nelle aree ad alto rischio. Più di 42.000 addetti alla sicurezza, suddivisi tra le forze di polizia e quelle paramilitari, sono stati mobilitati per i soccorsi in Nepal. Le immagini fornite dalla National Disaster Response Force indiana mostrano funzionari che aiutano i bambini e portano gli anziani fuori dalle case inondate attraverso gommoni arancioni. Secondo fonti ministeriali, oltre 200.000 bengalesi sono stati sfollati e vivono in campi temporanei: “In Bangladesh molte persone vivono in case fatte di bambù, fango o legname, che forniscono poca o nessuna protezione alle inondazioni” ha dichiarato Azmat Ulla, a capo dell'ufficio del Bangladesh della Federazione internazionale delle società della Croce rossa e della Mezzaluna rossa (IFRC).

Emergenza territoriale

Le conseguenze delle piogge monsoniche si riscontrano sull'intero ecosistema asiatico. Oltre un milione di terre coltivate, infatti, sono state sommerse. Le strade sono state danneggiate e rese impraticabili, così come sono stati falcidiati il bestiame e gran parte della fauna selvatica stanziata nell'ecoregione. “Ci sono ancora comunità che dipendono dalle colture” ha detto Azmat Ulla alla CNN, sottolineando come la perdita di raccolti coincida con la perdita dei mezzi di sussitenza per molte comunità locali. Resta alta la preoccupazione delle organizzazioni umanitarie che stanno operando in loco riguardo a un'emergenza socio-sanitaria. Ciò che allerta gli operatori è, infatti, il rischio di diffusione di epidemie come il colera o la dissenteria. La presenza di caracasse animali e la rottura del sistema idrico-sanitario sono i principali fattori scatenanti.