Hong Kong, passo indietro sull'estradizione in Cina

Èatteso per oggi pomeriggio l'annuncio formale della governatrice di Hong Kong, Carrie Lam, ma ormai i giochi sono fatti. Secondo quanto riportato dal quotidiano South China Morning Post, il governo di Hong Kong avrebbe aperto alla richiesta di ritirare la legge sull'estradizione in Cina, come richiesto, a suon di proteste, dalla popolazione.

Asia e scenario internazionale

Si chiude un capitolo per il il “Porto Profumato” (questo il significato del nome Hong Kong, ndr), passato alla Repubblica Popolare Cinese nel 1997, ma se ne apre inevitabilmente un altro, più atteso ed altrettanto critico. Stamane (ora locale), i leader delle proteste hanno inviato una lettera aperta alla cancelliera tedesca, Angela Merkel, nella quale hanno chiesto un incontro personale prima della sua visita in Cina, in programma da domani e fino al 7 settembre. Come ha spiegato il quotidiano tedesco Bild, i capi delle proteste intendono discutere con Merkel dell'attuale situazione dell'ex-colonia britannica. Come ha scritto Joshua Wong, il volto delle proteste: “Abbiamo un potere dittatoriale che non consente le libertà fondamentali e sta usando misure sempre più violente, tendendo a un nuovo massacro come Piazza Tienanmen”.

Una reale vittoria?

Le diverse manifestazioni hanno palesato la preoccupazione, da parte dei cittadini, che l'estradizione verso la Repubblica Popolare Cinese dia adito a violazioni dei diritti umani e rappresentare, così, un precedente che possa raggiungere i dissidenti. Come sottolinea il portale Foreign Policy, dal 2014, cioè da quando Pechino ha annunciato ufficialmente che stava espandendo la sua campagna anticorruzione nota come Fox Hunt, la Cina ha rimpatriato oltre 3.000 persone. I manifestanti chiedono, dunque, che si alzi un argine alla questione, per evitare che quelli che finora sono, a tutti gli effetti, dei rapimenti condizionati, si trasformino in procedure legali fatte alla luce del sole. 

Truppe cinesi in un centro sportivo nella Baia di Shenzen – Foto © Alex Plavevski per EPA

Ombre cinesi

Cosa ci si aspetta dalla Cina? È in campo l'eventualità che Pechino reagisca dichiarando lo stato d'emergenza. Come ha dichiarato un funzionario della Repubblica Popolare Cinese nei giorni scorsi, la priorità è “porre fine al caos” e “ripristinare l'ordine“. È indubbio che la Cina consideri con serietà la “minaccia” che viene dalle manifestazioni, soprattutto se messa in relazione allo scenario internazionale. Come ha rivelato il quotidiano britannico The Guardian, dalla metà di agosto Pechino ha assembrato truppe armate a Shenzhen, località prossima ad Hong Kong: un avvertimento per i manifestanti, verso i quali la Cina vorrebbe innanzitutto trattare per il timore di ripercussioni a livello mediatico internazionale. La Cina ha tutto l'interesse per tenersi stretta Hong Kong. Giorgia Sciorati dell'ISPI China Programme, ricorda gli investimenti della Repubblica nella cosiddetta Greater Bay Area, una regione economico-geografica che vuole porsi sul solco della competitività economica verso San Francisco e Tokyo. In tal senso, il Porto Profumato sarebbe efficiente se s'implementasse il suo legame con la terraferma e gli investimenti cinesi, come il collegamento con Zhuhai nel Guangdong, vanno proprio in tale direzione. 

Il gate del Ponte Hong Kong-Zhuhai-Macao nella provincia del Guangdong – Foto © Liang Xu per Xinhua