Gli Usa lanciano il primo missile nel Pacifico

Decaduto il Trattato Inf (Intermediate-Range Nucelar Forces), siglato con la Russia di Mikhail Gorbačëv nel 1987, gli Stati Uniti d'America non hanno perso tempo ad avviare i primi test di missili terrestri a medio raggio, prima vietati. E così, dopo trent'anni, Washington ha lanciato il suo razzo, che ha colpito un bersaglio terrestre a 500 chilometri di distanza dalla West Coast. A dare l'annuncio del lancio è stato il Pentagono, che ha reso noti i dettagli dell'operazione, specificando che il missile è partito dalla base militare di San Nicolas, nello stato di California. “Operazione riuscita con successo” ha dichiarato la Difesa a stelle strisce, nonostante il test semini scetticismo a livello internazionale. Ci si domanda, nella sostanza, se il missile a medio raggio sia oggetto di un test fine a se stesso o un messaggio – non troppo velato – ai vicini internazionali, rei di aver violato il Trattato precedente (vedi Russia) o di condurre una corsa agli armamenti fin troppo aggressiva (vedi Cina). 

La reazione di Mosca

La risposta del Cremlino non s'è fatta attendere. Come riporta il quotidiano economico Il Sole 24Ore, il portavoce di Vladimir Putin, Dimitri Peskov, ha dichiarato che il lancio del missile nelle acque della California è l'ennesima conferma di come gli Stati Uniti si stessero preparando anzitempo per rompere l'accordo sugli armamenti, così com'era stato inizialmente concepito: “Non sono sufficienti diverse settimane, persino mesi, a preparare un test del genere” ha detto Peskov. Dalla Casa Bianca rassicurano i partner internazionali, ma la stessa amministrazione statunitense non ha nascosto una certa insofferenza dinanzi alle precendenti, ripetute violazioni del Trattato Inf da parte della Russia: Washington – questo il messaggio – non può restare a guardare. 

Scintilla russa o pretesto?

È chiaro che gli Stati Uniti non abbiano tollerato lo sviluppo del sistema missilistico Ssc-8, perché contravvenente al divieto in vigore dal 1987 sui missili lanciati da terra con una gittata tra i 500 e  5.500 chilometri. Con la sua capacità di volare per 2.500 chilometri, infatti, il missile russo Novator 9M729, con una lunghezza di circa 6,5 metri e un carico bellico di 500 chilogrammi, rappresenterebbe una minaccia per l'Europa e anche per gli Stati Uniti poiché, se lanciato dalla Siberia, avrebbe una gittata sufficiente per toccare le sue coste occidentali. Oggi da quegli stessi litorali simbolo del surf e dell'American dreamin' l'America settentrionale tesse un nuovo vestito: l'immensità del Pacifico non è più sufficiente a garantire un'opportuna difesa.

Guardare alla Cina

Secondo diversi analisti, però, l'operazione statunitense coinvolgerebbe Mosca in maniera marginale. Il vero destinatario del messaggio sarebbe, infatti, Pechino.Come scrive Francesco Palmas sul quotidiano dei vescovi Avvenire, di recente Hugh White, docente ed esperto di difesa presso l'Università nazionale di Canberra, ha fatto notare un disequilibrio delle forze militari nell'area Indo-Pacifica. Come emerge da u rapporto che lo studioso ha scritto per il Centro studi sugli Stati Uniti dell'Università di Sydney, non è più scontato che gli Stati Uniti siano in grado di fronteggiare nelle acque la superpotenza cinese. È, dunque, prevedibile – come sostiene White – che Washington farà il possibile per costruire uno schermo militare e cambiare approccio, passando da un atteggiamento difensivo a un assetto di “attacco”. Il portavoce del ministero degli Esteri della Repubblica Popolare Cinese, Geng Shang, ha dichiarato che la mossa di Washington è “l'inizio di una nuova corsa agli armamenti”. La partita sul controllo militare dei mari ora si gioca a circa 4.000 chilomentri da Pechino, lungo l'asse che da Guam passa per Yokosuka e Sasebo. Chissà se, a fronte di un ritiro delle truppe dal Mediorente, Washington non compenserà con il dispiegamento di una flotta a Ovest.

La situazione geopolitica nell'area del Pacifico – Mappa © Laura Canali per Limes 2019