Brexit, Johnson ha la deadline: 30 giorni per il backstop

Trenta giorni: tanti dovranno bastare al neo-premier britannico, Boris Johnson, per mettere a posto la questione del backstop con l'Irlanda del Nord e confezionare per Bruxelles un piano Brexit che sciolga in modo definitivo il nodo sul confine. Una tre giorni intensa per il nuovo primo ministro, che in uno stringato lasso di tempo, dovrà trovare la quadra per cercare di non scontentare nessuno: da un lato l'Europa, che ritiene chiusa la questione dei negoziati già dall'ultimo confronto con Theresa May; dall'altro, il nuovo corso Tory che ha investito a piene mani su di lui per regalare al Regno Unito una Brexit senza troppa accondiscendenza con Bruxelles. Le tre bocciature del piano May hanno rappresentato la linea di demarcazione tra la vecchia e la nuova strategia britannica, quella inquadrata come eccessivamente moderata ed europeista della ex premier e quella della Brexit a ogni costo del nuovo leader che, però, deve a sua volta fare i conti con un'Europa che non retrocede sui punti cardine.

Trenta giorni

Johnson torna dalla Germania con in tasca una richiesta semplice ma dalla quale dipende tutto: 30 giorni per decidersi sul backstop e fare in modo che il tutto non vada a intaccare quanto stabilito con l'accordo del Venerdì Santo. Merkel non si è mostrata disponibile a molti convenevoli e ha liquidato la questione con un secco “al lavoro”. Più elaborato l'incontro con Macron, ventiquattro ore dopo, anche se i contenuti sono gli stessi: deadline a 30 giorni per sciogliere il nodo che non è riuscita a sbrigliare Theresa May. Per il presidenet francese, che continua a pensare che “il futuro del Regno Unito sia nell'Europa”, il backstop “non è solo un meccanismo tecnico ma la salvaguardia della stabilità in Irlanda e la tutela dell'integrità del mercato unico”. In sostanza, un aspetto fondamentale per garantire che la Brexit non vada a intaccare i delicati equilibri raggiunti nel 1998.

Non spaventa la hard Brexit

Per il premier britannico le possibilità ci sono, un po' perché “le soluzioni tecniche sono agevolmente disponibili“, e poi perché “in ogni caso non vogliamo ristabilire dei controlli alla frontiera”. In pratica, nonostante l'avvicendamento attuato a Downing Street, la sensazione è che in posizione di forza appaia ancora l'Unione europea nel complesso affare della Brexit. Il che, in un certo senso, ha contribuito a rendere ben più decise le parole di Angela Merkel nella conferenza congiunta, durante la quale ha ribadito che l'Europa è preparata anche a un'uscita senza accordo: “Si tratta di gestire l'uscita in modo tale che comunque rimangono buone le relazioni tra il Regno Unito e l'Ue, così come tra il Regno Unito e la Germania. Queste sono strette e amichevoli, e lo dovranno essere anche in futuro”.