Ancora sangue in Sudan, sale il bilancio dei morti

L'opposizione democratica in Sudan ha respinto l’offerta del Consiglio dei Militari di Transizione di riaprire i colloqui di pace, dopo che lunedì i soldati avevano attaccato il sit-in delle Forze per la libertà e il cambiamento (Ffc), l'alleanza democratica che, dalla caduta quasi un mese fa del dittatore Omar al Bashir, ha cercato di trattare con i militari i termini di una transizione democratica del Paese del Sahel. Il bilancio dell’attacco è salito da oltre 100 morti, mentre il Comitato centrale dei medici sudanesi ha riferito che almeno 40 cadaveri sarebbero stati recuperati nel fiume Nilo. “È un massacro“, scrivono i medici su Facebook.

I militari

Nonostante il generale Abdel Fattah al-Burhan, capo del consiglio militare, si sia detto disponibile a riprendere i negoziati senza “restrizioni” per i leader, il raid di lunedì ha segnato un momento cruciale nella lotta tra il potente consiglio militare e i gruppi di opposizione su chi dovrebbe guidare la transizione del Sudan verso la democrazia dopo la rimozione del presidente Omar al-Bashir in aprile.

La trattativa

L’opposizione chiedeva ai militari una transizione democratica di almeno tre anni, con il passaggio graduale dei poteri dalla sfera militare a quella civile. Tre anni sono infatti il tempo minimo prima che si possano tenere elezioni libere e democratiche senza far scivolare il paese in una nuova spirale di violenza, spiegano i leader della protesta. Una richiesta considerata inaccettabile dai militari, che ieri hanno annunciato il voto entro nove mesi, rinfocolando la protesta repressa nel sangue lunedì.

Le milizie

“Abbiamo raggiunto il punto in cui non possiamo nemmeno mettere piede fuori di casa per paura di essere pestati o uccisi a fucilate dalle forze di sicurezza”, ha dichiarato un abitante di Khartoum citato dalla Bbc e ripreso dall’Ansa questa mattina. A spaventare la popolazione sono le Forza di supporto rapido (Rsf) i famigerati miliziani Janjaweed giudicati responsabili del genocidio e della pulizia etnica delle popolazioni nere della provincia autonoma sudanese del Darfur a partire dal 2003, che provocarono l'incriminazione presso la Corte penale internazionale dell’ex dittatore Al Bashir.