Amazzonia in fiamme, l'appello di una missionaria

La foresta amazzonica sta bruciando, i focolai continuano a moltiplicarsi in quello che è considerato il polmone verde della Terra. Non si tratta però di una mera fatalità stagionale come ha dichiarato il presidente brasiliano Jair Bolsonaro, ma di un problema che ha radici ben più profonde. Nello stato carioca le chiamano queimadas, tradotto in italiano combustione o bruciare; sono pratiche legate ad un'agricoltura primitiva, principalmente utilizzata per sgomberare la terra per coltivare colture o pascoli, usando il fuoco in modo controllato e causare incendi in foreste, boschi e terreni di grandi dimensioni. 

L'allarme dell'Inpe

A lanciare l'allarme incendi per la foresta amazzonica è stato l'Istituto nazionale di ricerche spaziali del Brasile (Inpe) che ha rilevato un aumento dell'82% da gennaio ad agosto 2019, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. I dati sono stati riportati dal quotidiano O Globo e parlano di 71.497 incendi rispetto ai 39.194 registrati nei primi otto mesi del 2018, il numero più alto dal 2013 e arriva dopo due anni in cui il fenomeno era in diminuzione. L'Agenzia federale degli Stati Uniti che si occupa di oceanografia, meteorologia e climatologia (Nooa), ha attribuito le cause degli incendi nell'Amazzonia” a un mix di “siccità e attività umane”, ma anche al cambiamento climatico. La Noaa ha spiegato come la foresta amazzonica sia sempre stata resistente al fuoco grazie alla sua naturale umidità che però di recente – a causa di tre grandi siccità nel 2005, nel 2010 e nel 2015 – ha subito delle variazioni. La brasiliana Inpe, però, ha rimarcato la responsabilità dell'uomo, sottolineando che “la stagione secca crea le condizioni favorevoli per l'uso e la diffusione del fuoco, ma accendere un fuoco è opera umana“, sia che si tratti di un incidente o di dolo.

Bolsonaro contro le Ong

Mentre le fiamme continuano a bruciare il delicato ecosistema dell'Amazzonia c'è chi gioca a “scarica barile”. I dati dell'Inpe hanno fatto finire il presidente Bolsonaro al centro di pesanti critiche – soprattutto per la mancata messa in campo di politiche ambientali adeguate – mentre il capo dello Stato carioca punta il dito contro le Ong affermando che gli incendi “potrebbero essere stati potenziati dalle Ong, perché hanno perso i soldi che ricevevano”. Ma Bolsonaro, in più di un'occasione, ha dimostrato di preferire le attività imprenditoriali, invitando le imprese a non preoccuparsi del Ministero dell'Ambiente o del Ministero delle miniere e dell'energia, come successo per l'area nota come Renca (Reserva Nacional de cobre e associados). Una sorta di “autorizzazione” a sfruttare dei territori che si ritiene siano ricchi di oro, ferro, rame e altri minerali di alto valore commerciale. 

La testimonianza

“L'Europa si sta preoccupando ora per l'Amazzonia che brucia, ma questa situazione non è una 'novità' del 2019. Il fuoco è un elemento comune del paesaggio brasiliano ed è sempre stato utilizzato per strappare terreno alla foresta e trasformarlo in pascoli e terreni da coltivare”. A parlare è Raffaella Canini, membro dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi, che oramai da 26 anni, insieme al marito Michele, vive in Brasile. Raffaella, intervistata da In Terris ha spiegato che in questi ultimi anni il fenomeno delle queimadas è sfuggito di mano e si sta appiccando il fuoco anche dove non si dovrebbe. Si tratta di incendi “illegali” – lo stato permette che si bruci un determinato numero di ettari l'anno – che sono aumentati da quando Dilma Rousseff non è più al governo. Questo accade perché in Brasile si sta vivendo nell'incertezza, i lavoratori non riescono ad arrivare a fine mese. Conseguenze di politiche poco corrette che sono state adottate sia dall'ex presidente Temer che da Bolsonaro. “Da quando è entrato in carica Temer, e successivamente con Bolsonaro, sono stati congelati venti anni di finanziamenti per le politiche sociali, per la riforma del sistema sanitario e quello della scuola – spiega Raffaella -. Qui succede di andare in ospedale e non ci sono letti per i ricoveri, porti i figli a scuola e non ci sono i professori perché non vengono pagati. Da quando la Rousseff non è più al governo, la situazione si è aggravata. Gli incendi in Amazzonia sono un problema in più che la popolazione, che lotta per la sopravvivenza, deve affrontare”. 

Un appello ai governi di tutto il mondo

Raffaella lancia un appello all'Europa e ai governi delle potenze mondiali. “Bolsonaro non è interessato alla popolazione. Il suo interesse è servire un mercato finanziario internazionale a discapito della povera gente. Per questo è necessario che l'Europa e i governi di tutto il mondo esercitino la loro pressione affinché si facciano delle politiche agricole, ambientali, scolastiche, sanitarie che siano realmente a favore dei più bisognosi. E' altrettanto fondamentale che si combatta l'illegalità e la violenza. Io vivo a Coronel Fabriciano, una città dello Stato Minas Gerais dove lo scorso hanno il crollo di due dighe ha causato centinaia di morti e un vero disastro ambientale. I processi sono ancora in corso, le imprese responsabili non hanno ancora pagato per i loro sbagli. Questo non è possibile”.