Il web si è trasformato in un campo per commettere reati

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Nel 1970 Marshall McLuhan , filosofo canadese, da noi sociologi celebrato come uno dei migliori sociologi, ebbe la “visione” del villaggio globale, quello che noi oggi continuiamo a chiamare mondo virtuale, il web. L’Unesco iniziò a patrocinare i primi percorsi di media education, proprio su questa immaginazione sociologica di MacLuan. La tecnologia ha proseguito il proprio viaggio verso la globalizzazione, mentre gli Stati, le Nazioni, molto lentamente hanno cominciato a rendersi conto che questa cosa stava accadendo veramente e non si sono attrezzati a gestirla.

L’Italia è dotata di uno strumento “Internet e minori” proprio a tutela dei minori voluto dal Ministro Gasparri nel 2003. Sono tentativi di contenimento che però non hanno la forza di una legge. Il web è diventato un campo per commettere di reati, i più gravi di tutti sono quelli contro i minori, penso alla pedopornografia, ma ci sono anche questi “giochi” che spingono i bambini a suicidarsi, prostituirsi. Perchè? Perché il web forgia tendenze e chi forgia tendenze educa, ma in questo caso diseduca. La cosa più importante qual è? Noi abbiamo Stati che non hanno capito che devono intervenire a livello di repressione: se trovo chi ha messo questi contenuti, deve dare il proprio conto alla giustizia.

Serve un tavolo internazionale per fare una legge internazionale, ma questo forse sarà un po’ più complicato: gli Stati non riescono a mettersi d’accordo per la pace nel mondo, figuriamoci se riescono a farlo per mettere in piedi uno strumento legislativo che contenga internet. Allora qual è il primo riparo? La scuola, sicuramente, che che dovrebbe istituire ore di media education perché i media, ormai, sono un mezzo con cui gli uomini lavorano, giocano, si scambiano messaggi, socializzano. Non è più virtuale questo mondo, ma è reale. E la scuola dovrebbe essere principe, la media education deve essere programma ministeriale.

Il secondo fronte è quello della famiglia, ma qui si inceppa il meccanismo perché i primi abusatori del mezzo dono proprio i genitori, che trascorrono più tempo dei figli su internet. I nativi digitali vanno educati. Un buon genitore si attrezza per essere esemplare: se a un figlio dice non si deve parlare al telefono quando si è a tavola, il genitore deve essere il primo a rispettare questa regola. Il genitore ha un’arma che è molto potente: l’esempio.

Antonio Marziale, Sociologo, giornalista e presidente sull’Osservatorio dei diritti dei minori