Editoriale

La Vistola scorre a Kiev

Di tutte le argomentazioni che abbiano sentito addurre, in questi tempi di legittimo domandarsi quale sia la cosa migliore per la pace e per l’Ucraina, di tutte le enunciazioni di principi, e ve ne sono stati di nobili invocati da tutte e parti, di tutte le regole invocate e le necessità ricordate una, una sola, una soltanto non l’abbiamo ancora sentita. È per questo – per completare il quadro e non per dare torti e ragioni, ché non ci spetta – che la citiamo: per dar contezza di tutto, non per giudicare. Si tratta di una frase di poche parole: non c’è pace senza giustizia. Papa Francesco la fece ripetere tre volte a settemila ragazzi, anni fa. Pio XII ebbe come motto “Pax iustitiae opus”. Di più non aggiungiamo: il concetto è chiaro.

È chiaro e palese anche che la pace, come la giustizia, aborrono gli aggettivi: se la giustizia è proletaria, è prevaricazione di classe. Se la pax è romana, allora vale quel che disse la regina dei Britanni: “Prima fanno un deserto, poi lo chiamano pace”. Logicamente, auguriamo a Zelensky miglior fortuna di quella che arrise alla povera Baodicea. Quanto a noi, costretti ad ammettere che le lezioni del XX Secolo non le abbiamo mai digerite, siamo sordi a riconoscere il valore di quel motto: non apprendiamo gli insegnamenti di cent’anni fa, figuriamoci quelli di duemila. Eppure.

Eppure quella frase riferita da Tacito avrebbe dovuto farci riflettere, prima di dire oppure di ascoltare chi esorta – in buona fede, ma magari con poco altro discernimento – che per il bene della pace l’Ucraina dovrebbe alzar bandiera bianca: a che vale combattere, se si è già perso? Si rischia solo di perdere alte vite e di insultar la pace. Quindi, si alzino le mani e sarà meglio per tutti. Ora, a parte che di vittorie russe non se ne vedono all’orizzonte, almeno al momento, verrebbe da dire che non solo Tacito scrisse invano e Baodicea parlò a vanvera se noialtri che discendiamo dal primo ma anche un po’ dalla seconda non apprendessimo quella lezione. E se non tenessimo a mente che la donna – e che donna doveva essere, altro che la Thatcher – disse quelle parole alla vigilia di una battaglia che sapeva già avrebbe probabilmente perso, e infatti la perse. Ma certe battaglie si vincono sempre. In Britannia come in Ucraina.

Riflettiamo poi sulla giustizia e la sua doverosa affermazione, perché se non c’è giustizia non c’è pace. Ora, la giustizia anche nel più democratico dei sistemi, nel più legale degli stati di diritto implica l’idea della sua imposizione. Ripetiamo: imposizione. Altrimenti il delinquente continua a delinquere, e quindi non c’è giustizia e nemmeno pace. Homo homini lupus. Chi delinque va in galera, e privare un qualsiasi soggetto della libertà è sempre un’innegabile violenza. Una violenza ancora più esplicita – l’uso delle armi – è giustificata se affidata alle forze dell’ordine nella loro opera di prevenzione e contrasto del crimine. La mafia non la si combatte a mani nude.
Ecco allora che affidare ad uno Stato sovrano e democratico le armi necessarie a difendersi diviene atto di giustizia, e quindi di pace. Contenti di quanto scritto, non diciamo altro.

Non aggiungiamo altro se non che il XX Secolo dovrebbe anche insegnarci che i miracoli esistono, e si manifestano qualche volta proprio da quelle parti. Era giusto il 1920, ed un’armata russa stringeva d’assedio la capitale di un paese slavo. Varsavia, pensavano tutti a cominciare dagli assedianti, non avrebbe retto nemmeno per un’ora. Resse invece due giorni e ricacciò indietro l’assediante, contro ogni logica e ogni speranza. Ancora adesso in Polonia parlano di Miracolo della Vistola e ne ringraziano una donna che li illuminò, la Madonna di Czestochowa.

Intendiamoci: fu una tragedia. Di russi ne morirono diecimila, e quattromilacinquecento di polacchi; fanno tristezza e tenerezza tutti, quei morti: avevano le loro mamme e le loro mogli, per non dire dei figli. Che orrore, che disgustoso macello. Ma senza le armi chissà che cosa mai sarebbe accaduto, ai polacchi aggrediti e all’Europa intera. Quindi sì, fa male al cuore anche solo parlare di armi e di cannoni, ma certe cose non le abbiamo volute noi. Ci si affidi all’idea che oggi, cent’anni dopo, la Vistola scorre a Kiev. Per il resto, Dio ci perdoni.

Nicola Graziani

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